David Bowie, a Londra il museo per il camaleonte della musica
Il 13 settembre 2025, sarà inaugurato a Londra il David Bowie Center, collocato in un nuovo spazio del Victoria and Albert Museum.
Lo stesso museo aveva ospitato, nel 2013, la mostra David is che successivamente ha fatto il giro del mondo: sarà esposto, in maniera permanente, l’enorme archivio del Duca Bianco, scomparso il 10 gennaio 2016.
Oltre 90.000 elementi sono stati scelti per ripercorrere la vita personale e creativa di uno dei personaggi più iconici della musica: oggetti, foto, lettere personali, strumenti musicali e testi ci canzoni scritti a mano.
Soprattutto saranno esposti i suoi costumi, quelli con cui ha “vestito” il suo percorso musicale.
David Bowie è una figura che sembra quasi appartenere a un’altra dimensione, un poeta venuto da mondi lontani per ridefinire i confini dell’arte.
La sua presenza sul palcoscenico è stata quella di un camaleonte, capace di trasformarsi continuamente e sfidare ogni definizione.
Da Ziggy Stardust al Duca Bianco, ogni incarnazione di Bowie è stata un viaggio attraverso l’ignoto, un invito a riscoprire sé stessi, abbracciando l’imprevedibile e l’inconsueto.
Bowie non ha soltanto creato musica, ha creato un linguaggio. Con la sua voce profonda e duttile, le sue liriche enigmatiche e le sue melodie sospese tra il rock, il pop, il glam e il soul, ha esplorato temi che pochi avevano osato toccare.
Alienazione, identità, amore e morte, ogni canzone era un frammento di universo, un frammento dell’anima umana vista attraverso un prisma multicolore.
Il suo apporto alla musica è incalcolabile: ha sfidato le convenzioni, scomposto i generi, abbattuto barriere tra i suoni e le immagini.
Con The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, ha esplorato il concetto di un alter ego alieno, un’icona della ribellione e della liberazione.
In Heroes, ha dato voce alla speranza e alla fragilità, raccontando la bellezza di momenti transitori. Blackstar, il suo canto del cigno, è stato un enigmatico addio, in cui anche di fronte alla morte ha trovato una nuova via per sperimentare e stupire.
Ma oltre la musica, Bowie ha trasformato l’idea stessa di artista. Ha dimostrato che l’arte non deve solo intrattenere ma deve anche far pensare, destabilizzare, risvegliare.
Ha influenzato generazioni di musicisti, attori, artisti visivi, chiunque vedesse nell’arte un luogo di libertà assoluta.
David Bowie rimane una stella che brilla da lontano, un astro caduto che ha segnato la terra con la sua polvere cosmica. Ogni volta che ascoltiamo una sua canzone, ogni volta che ci perdiamo nei suoi testi, è come se ci trovassimo di fronte a un universo nuovo, tutto da esplorare.
Se dovessimo scegliere un brano che racchiude l’essenza di David Bowie, probabilmente sarebbe Space Oddity.
È più di una canzone: è un viaggio, un’odissea sonora, una meditazione sulla solitudine, sull’infinito, sulla condizione umana di fronte al mistero del cosmo.
Inizia con un countdown, un battito elettronico che preannuncia il distacco. Poi, la voce di Bowie è come un sussurro che si eleva nello spazio, diventando il messaggio malinconico di Major Tom, un astronauta perso in orbita, sospeso tra la terra e il vuoto siderale.
È un uomo solo, che guarda la Terra da lontano, piccola e fragile, mentre lui si allontana, sempre più lontano.
Space Oddity parla della meraviglia e del terrore dell’ignoto.
C’è la bellezza del viaggio, l’avventura, ma anche un abisso di solitudine che avvolge il protagonista. Major Tom è ogni persona che si è mai sentita persa o incompleta, ogni anima che ha cercato risposte oltre i confini del visibile. È un personaggio tragico e lirico, tanto umano quanto universale.
Con una melodia eterea e sospesa, Bowie ci porta in una dimensione dove il tempo si dissolve e l’esistenza stessa diventa un sogno.
L’arrangiamento, la voce, i synth delicati e malinconici sono come i raggi di una luce distante, la luce di una stella morente che arriva fino a noi, portando un messaggio criptico e affascinante.
In Space Oddity, David Bowie ci ha dato una finestra verso l’infinito, ci ha fatto guardare il vuoto e, allo stesso tempo, ci ha mostrato quanto sia preziosa e fragile la nostra piccola orbita.