Grande Fratello, Iago, quando a rimetterci sono i migliori
Siamo abituati, quando si parla del Grande Fratello, a sottolineare tutte le storture del programma, del resto il fantareality di Signorini ci propone solo cose di cui “sparlare” e mai spunti di riflessione interessanti.
Eppure, qualcosa di buono ogni tanto viene fuori. No non siamo impazziti. Perché al di là della telenovela very low cost che da settimane tiene banco in tv e sui social, a Fofò quest’anno concorrenti interessanti ne sono capitati, suo malgrado, eccome.
Mentre la regia è tutta rivolta a quello che ritiene essere interessante per il pubblico, segno della scarsa opinione che si ha di quest’ultimo e solo per questo dovremmo intentare una class action, in barba a pessimi copioni e ancora più infimi suggerimenti del confessionale, vero deus ex machina del programma, quest’anno per fortuna o sfortuna, dipende ovviamente dalla prospettiva da cui si guarda, ai burattinai sono capitati Iago Garcia, Maria Vittoria Minghetti e Javier Martinez.
Ovviamente, visto che Fofò e company devono confermare ogni giorno il loro scarso livello autorale (ci tengono proprio e ne sono pure fieri), uno dei tre se lo sono lasciato sfuggire, Iago.
Iago non è uscito dalla casa perché non apprezzato e stimato dal pubblico che da lunedì sera protesta sui social per la sua eliminazione.
L’attore spagnolo si è macchiato di un reato gravissimo per la casta che tira le fila del programma, ha osato portare avanti la sua personalità, il suo modo di essere, di pensare, di agire a prescindere da quanto probabilmente gli era stato richiesto.
Un oltraggio all’ego smisurato di chi il programma lo conduce e lo scrive, un peccato mortale.
L’interazione tra i concorrenti dovrebbe essere spontanea e naturale senza linee guida se non quelle dell’educazione e del rispetto reciproco e di chi guarda, questo il senso del programma ab origine.
Pur comprendendo che le necessità televisive esigano un compromesso, delle due l’una.
O non si è capaci di scegliere un cast all’altezza della situazione o non si è capaci di creare una narrazione adatta ai concorrenti che si sono scelti. In entrambi i casi il problema è sempre è solo nell’inadeguatezza di chi dirige il baraccone; nel nostro caso, incredibilmente, o forse no, sono riusciti a prendere in pieno entrambe le ipotesi.
Il copione viene scritto giorno per giorno, in base al sentiment dei social o all’umore che gli autori hanno al mattino (e direi che nella maggioranza dei casi si alzano col piede sinistro).
In questo scenario effettivamente Iago costituiva una spina nel fianco. Per nulla malleabile a richieste o sceneggiature che in qualche modo ne minassero la dignità o la coerenza.
Parlare di coerenza è come nominare il Voldemort di Harry Potter per Fofò, ne siamo consapevoli, ma purtroppo per lui la parola esiste, se ne faccia una ragione.
Iago di carattere e personalità ne ha da vendere e di dinamiche, con la sua schiettezza, ne avrebbe potute creare tante e sicuramente interessanti.
Per assurdo, il tornare alle origini, al concept che ha dato origine al format, avrebbe potuto ridare al programma nuova linfa ed un nuovo pubblico.
Ma questo avrebbe significato ridimensionare i burattinai e magari farne fuori qualcuno (a prescindere, sarebbe ora) e, per carità, Fofò, contrariamente a quanto dice, il posto non lo molla.
Ci restano Javier e Maria Vittoria a farci sperare che da quel grande circo qualcosa di buono possa venire fuori.