Giulia Tramontano, nessuna attenuante per Impagnatiello, il 25 la sentenza
Il processo ad Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano è iniziato nel settembre 2023, ed è stato seguito con grande attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica italiana.
Impagnatiello è stato accusato di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere, oltre che di interruzione di gravidanza senza consenso, dato che Giulia era al settimo mese di gestazione.
Il processo si è svolto presso il Tribunale di Milano, e la sua brutalità ha contribuito a renderlo uno dei casi più discussi dell’anno; fin dalle prime fasi, Impagnatiello ha ammesso il delitto, fornendo una confessione che ha lasciato pochi dubbi sulle sue responsabilità.
Ha ammesso di aver ucciso Giulia dopo un litigio, asserendo che il gesto sia stato compiuto “in un momento di rabbia”.
Tuttavia, la confessione ha rivelato solo parte della storia, e le indagini hanno portato alla luce dettagli agghiaccianti, come il tentativo di bruciare il corpo per eliminarne le tracce.
Durante il processo, i suoi avvocati hanno cercato di ottenere un’attenuazione della pena, puntando sulla presunta “instabilità emotiva” di Impagnatiello.
Tuttavia, la brutalità e la premeditazione dimostrata dal tentativo di occultare il corpo, unite all’iniziale depistaggio delle indagini, hanno reso difficile qualsiasi argomentazione in favore della clemenza.
Uno degli elementi più discussi nel processo è stata l’aggravante del femminicidio, in quanto Impagnatiello avrebbe ucciso Giulia in un contesto di violenza di genere.
Gli inquirenti hanno sottolineato come il delitto sia avvenuto in un clima di controllo, gelosia e manipolazione psicologica, caratteristiche tipiche delle dinamiche del femminicidio.
Inoltre, essendo Giulia incinta di sette mesi, Impagnatiello è stato anche accusato di interruzione di gravidanza non consensuale, reato gravissimo che aggiunge un ulteriore peso alle accuse.
La legge italiana prevede pene molto severe per chi, attraverso un atto di violenza, provoca la morte di un feto senza il consenso della madre, e questo ha ulteriormente aggravato la posizione legale dell’imputato.
Un aspetto centrale nel processo è stata la testimonianza della donna con cui Impagnatiello intratteneva una relazione parallela.
Questa donna ha collaborato con gli inquirenti, fornendo informazioni preziose sul comportamento dell’imputato e sulle menzogne che egli avrebbe raccontato sia a lei che a Giulia.
La testimonianza ha confermato che Impagnatiello aveva promesso a entrambe una vita insieme, manipolandole emotivamente e portandole a situazioni di estremo disagio psicologico.
Inoltre, sono state presentate le prove materiali raccolte dai Carabinieri: tra queste, tracce di sangue rinvenute nel box e nell’auto di Impagnatiello, dove avrebbe tentato di nascondere il corpo prima di disfarsene. Le immagini delle telecamere di sorveglianza, combinate con le testimonianze di vicini e amici, hanno ulteriormente confermato il quadro accusatorio.
L’accusa, rappresentata dalla Procura di Milano, ha richiesto per Impagnatiello la pena dell’ergastolo senza possibilità di sconto.
La motivazione della richiesta si basa sulla premeditazione e sulla gravità delle azioni dell’imputato, il quale non solo ha commesso un omicidio, ma ha cercato in modo crudele di coprire le sue tracce e ha mentito ripetutamente agli inquirenti.
La sentenza, attesa per ieri, è stata rimandata, per uno strano caso, quasi profetico, al 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.
Molti analisti legali ritengono probabile una condanna all’ergastolo, considerata la gravità dei crimini e l’assenza di attenuanti.
La famiglia di Giulia, che ha partecipato al processo, ha espresso il desiderio di giustizia e spera che questo caso possa rappresentare un monito per prevenire future violenze contro le donne.
L’omicidio di Giulia Tramontano è sicuramente uno dei casi di cronaca nera più scioccanti del 2023 in Italia a cui, purtroppo, si è aggiunto quello di Giulia Cecchettin, solo pochi mesi dopo, il cui processo, nei confronti di Filippo Turetta, è alle battute iniziali (Turetta ha richiesto il rito abbreviato e la sentenza di primo grado potrebbe arrivare ai primi di dicembre).
I brutali omicidi di Giulia Tramontano prima, e di Giulia Cecchettin poi, hanno generato un’ondata di commozione e di rabbia e portato all’attenzione la necessità di maggiore attenzione e interventi tempestivi nelle relazioni segnate da abusi e manipolazioni.
La speranza che tragedie come queste potessero portare a cambiamenti concreti nelle politiche di prevenzione e a un aumento della consapevolezza pubblica sulla gravità e la diffusione del problema del femminicidio in Italia, però, sono rimaste speranze.
Se ad oggi, nel 2024, quasi cento donne sono morte per mano di che aveva giurato di amarle, il fallimento delle istituzioni è lampante.
Il problema più grande è che siamo tutti commossi e addolorati allorché veniamo a conoscenza dell’ennesima tragedia ma, passato il momento, la nostra vita torna a scorrere tranquilla, come se niente fosse successo.
Il fenomeno è dilagante e non potendo contare su chi dovrebbe trovare soluzioni ed applicarle, possiamo contare solo sul buon senso gli uni degli altri.
Basterebbe non voltarsi dall’altra parte quando avvertiamo che in una coppia di amici, di conoscenti, di estranei c’è qualcosa che non va.
I segnali ci sono sempre e, purtroppo, le tante tragedie a cui abbiamo assistito, ci insegnano che la situazione non migliora da sola, che l’escalation è sempre in una direzione e non è mai quella auspicata.