La strage del Rapido 904 è uno degli eventi più tragici e significativi della storia recente italiana.
Questo attentato, avvenuto il 23 dicembre 1984, è ricordato come il primo grande atto terroristico di stampo mafioso che ha colpito la popolazione civile in modo indiscriminato.
Conosciuta anche come la “strage di Natale“, l’esplosione di una bomba a bordo del treno Rapido 904, in transito nella galleria di San Benedetto Val di Sambro sull’Appennino tosco-emiliano, ha causato la morte di 17 persone e il ferimento di oltre 260.
Questo evento rappresenta una svolta nella storia della criminalità organizzata e del terrorismo in Italia.
Negli anni ’80, l’Italia era attraversata da tensioni sociali, politiche e criminali.
Se gli anni ’70 erano stati segnati dalla lotta tra terrorismo di matrice politica, negli anni ’80 l’attenzione si spostò sempre più sulla criminalità organizzata.
La mafia siciliana, in particolare, stava affrontando un periodo di grande pressione a causa delle inchieste giudiziarie e della crescente determinazione dello Stato nel contrastarne le attività.
Nel 1984, l’introduzione del “maxiprocesso” di Palermo, frutto del lavoro del pool antimafia guidato da magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rappresentava una minaccia diretta alla struttura della mafia. Fu in questo clima di tensione che si verificò l’attentato del Rapido 904.
L’attentato
Il Rapido 904, un treno che collegava Napoli a Milano, era particolarmente affollato il 23 dicembre 1984, data vicina al Natale.
Alle ore 19:08, mentre il treno attraversava la galleria di San Benedetto Val di Sambro, una bomba ad alto potenziale esplose nel vagone 9. La detonazione fu devastante: il tunnel amplificò gli effetti dell’esplosione, causando morti e feriti tra i passeggeri.
Tra le vittime si contarono uomini, donne e bambini. L’attacco, mirato a colpire indiscriminatamente, sconvolse l’intero Paese, generando un’ondata di paura e sgomento.
Le indagini iniziali furono complesse e caratterizzate da molti depistaggi.
Tuttavia, grazie al lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, emerse il coinvolgimento della mafia siciliana.
In particolare, vennero identificati come responsabili Pippo Calò, noto come il “cassiere della mafia”, e altri esponenti della criminalità organizzata.
La bomba era stata collocata per destabilizzare il clima sociale e politico e per inviare un messaggio intimidatorio allo Stato, in un periodo in cui la magistratura stava stringendo il cerchio attorno a Cosa Nostra.
Uno degli elementi chiave per le indagini fu la collaborazione del pentito Tommaso Buscetta, che rivelò dettagli sul coinvolgimento mafioso. Pippo Calò fu poi condannato all’ergastolo come mandante dell’attentato.
La strage del Rapido 904 segnò un cambiamento nella strategia della mafia, che per la prima volta colpì direttamente la popolazione civile. Fu un attacco di natura terroristica, con l’obiettivo di seminare paura e creare instabilità.
L’attentato evidenziò anche i legami tra mafia e alcuni settori deviati dello Stato, un tema che sarebbe emerso con forza anche negli anni successivi, durante le indagini su altre stragi, come quelle del 1992-1993.