Montefusco, 30 anni per doppio femminicidio, le motivazioni
Una sentenza che rischia di far discutere e non poco quella relativa al caso di Salvatore Montefusco. L’uomo è stato accusato nel 2022 di doppio femminicidio con vittime la sua compagna e la figlia della donna. Una sentenza arrivata di recente e che ha visto i giudici condannare l’uomo a 30 anni di carcere.
Decisione arrivata nonostante la richiesta di ergastolo e per questo destinata a fare rumore. In queste ore sono emersi alcuni passaggi chiave della sentenza in cui si parla di: “Motivi umanamente comprensibili“. Un gesto quindi giustificato dal contesto familiare e dalla situazione ma vediamo nel dettaglio cosa è accaduto.
Il caso Montefusco
Lo scorso giugno del 2022, la cronaca italiana si è dovuta occupare di un caso spinoso ossia un doppio femminicidio. Le vittime sono una mamma e sua figlia, Gabriela Trandafir di 47 anni e Renata di 22 anni, mentre il nome dell’assassino è Salvatore Montefusco di 70 anni. Il grave gesto si è registrato presso il comune di Cavazzona di Castelfranco Emilia e quindi il caso in questione è stato analizzato dalla Procura di Modena.
In sede procedurale, considerato il doppio omicidio a colpi di fucile ed il legame tra l’assassino e le vittime, per Montefusco era stata richiesta una condanna all’ergastolo. Lo scorso mese di ottobre però la Procura ha deciso di condannare l’uomo a 30 anni di reclusione, riconoscendo di fatto tutte le attenuanti del caso ma quali sono esattamente?
Le motivazioni della sentenza
L’agenzia ANSA ha avuto modo di visionare gli atti messi a verbale e questi parlano di “Motivi umanamente comprensibili”. I documenti depositati sia dalla difesa che dall’accusa, secondo chi si è occupato del caso, dimostravano infatti la presenza di un rapporto conflittuale tra le parti.
Nei documenti si legge di una reazione dell’uomo all’ennesimo invito della donna a lasciare la loro casa. Un gesto quindi dovuto: “Alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall’imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l’abitazione familiare”.
Un caso particolare
Come si legge nella sentenza, questa conflittualità e la presenza di denunce reciproche avrebbero spinto l’uomo ad agire senza premeditazione alcuna. Inoltre si legge: “Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate”.
Una sentenza quindi che ha preso in considerazione anche la variabile relativa ad una relazione ormai tossica tra l’uomo e la sua compagna. La decisione dei giudici e le motivazioni rese note sono senza dubbio un caso particolare e per questo destinato a fare rumore e creare dibattito. C’è già chi parla di motivazioni inaccettabili considerato il duplice omicidio e chi invece sostiene sia importante prendere in considerazione tutti i dettagli del contesto.