Alessia Pifferi, disposta nuova perizia psichiatrica
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La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha stabilito che verrà effettuata una nuova perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, la donna di 38 anni condannata in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della figlia Diana.
La tragica morte della piccola Diana
La bambina, di soli 18 mesi, è stata lasciata completamente sola nella sua abitazione a Milano per sei giorni consecutivi dalla madre, Alessia Pifferi. Secondo le ricostruzioni, la donna si era allontanata per trascorrere un lungo fine settimana con il compagno, abbandonando la figlia senza alcuna assistenza.
L’abbandono fatale
Prima di partire, Pifferi avrebbe lasciato alla bambina un biberon con del latte, convinta erroneamente che sarebbe bastato per la sua sopravvivenza. Tuttavia, Diana non aveva alcuna possibilità di nutrirsi adeguatamente e di ricevere cure.
Senza acqua, cibo e assistenza, la piccola ha lentamente ceduto alla disidratazione e alla denutrizione. L’agonia della bambina si sarebbe protratta per giorni, fino al momento della sua tragica morte.
La scoperta del corpo
Al ritorno a casa, Alessia Pifferi ha trovato la figlia ormai senza vita nel lettino. Secondo gli inquirenti, invece di avvisare immediatamente i soccorsi, la donna avrebbe cercato di costruirsi un alibi, fornendo spiegazioni contrastanti sulla propria assenza e sulle condizioni della bambina.
L’autopsia ha confermato che Diana era morta per una grave disidratazione e mancanza di nutrimento, senza alcun segno di violenza fisica, ma con evidenti sintomi di abbandono estremo.
Le indagini e il processo
Gli investigatori hanno presto smontato le versioni fornite dalla madre, evidenziando come la sua assenza fosse stata premeditata. I giudici del primo grado hanno dichiarato che la donna aveva anteposto le proprie volontà personali alle esigenze della figlia, ignorando volontariamente il pericolo in cui la bambina si trovava.
Questa terribile vicenda ha portato alla condanna di Alessia Pifferi all’ergastolo, con la successiva decisione della Corte d’Assise d’Appello di Milano di disporre una nuova perizia psichiatrica per chiarire il quadro psicologico dell’imputata.
Il precedente esame peritale
Già durante il primo grado di giudizio, Pifferi era stata sottoposta a una perizia psichiatrica, firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, uno dei massimi esperti nel settore.
Secondo il responso, la donna era capace di intendere e di volere al momento dei fatti. Gli esami condotti avevano infatti evidenziato che Pifferi aveva dato priorità ai propri desideri personali ai suoi doveri di madre.
Inoltre, secondo lo psichiatra, la donna aveva dimostrato un’intelligenza di condotta, fornendo spiegazioni differenti a persone diverse per giustificare l’assenza della bambina.
Lo scontro tra accusa e difesa
La difesa, tuttavia, ha sempre sostenuto che Alessia Pifferi soffra di un grave deficit cognitivo, confermato da alcuni test condotti nel carcere di San Vittore.
In opposizione, la sostituta procuratrice Lucilla Tontodonati aveva ribadito l’inutilità di una nuova perizia, considerando già esaustivo il precedente esame. Secondo l’accusa, la donna non presenterebbe disturbi psichiatrici gravi o significativi problemi di personalità.
L’avvocato generale ha evidenziato che, nei test effettuati, sono stati rilevati contemporaneamente deficit cognitivi, psicotici e depressivi, ma che questi non hanno mai impedito a Pifferi di condurre una vita autonoma fino al momento dell’arresto.
Secondo il magistrato, la donna avrebbe esagerato i sintomi per ottenere una diagnosi favorevole. Inoltre, ha sottolineato come abbia dato versioni differenti riguardo al luogo in cui si trovava la figlia, dimostrando consapevolezza delle proprie azioni.
La presenza in aula e il ruolo della famiglia
Durante l’udienza, Alessia Pifferi ha scelto di non rilasciare dichiarazioni spontanee. Accanto a lei, il suo avvocato difensore, mentre tra il pubblico erano presenti la sorella Viviana Pifferi e la madre Maria Assandri, che si sono costituite parti civili nel processo.
Il dibattito sulla nuova perizia
Per la difesa, Pifferi non avrebbe mai mentito deliberatamente, ma avrebbe raccontato bugie ingenue, come farebbe un bambino con scarse capacità cognitive.
L’avvocato della parte civile, Emanuele De Mitri, ha invece sostenuto che la condanna di primo grado abbia già dimostrato come la donna fosse una bugiarda e simulatrice, intenzionata a modificare la propria versione dei fatti per migliorare la sua posizione.
Nonostante le forti opposizioni dell’accusa, la Corte d’Assise d’Appello ha comunque deciso di procedere con una nuova valutazione psichiatrica, che potrebbe influenzare il corso del processo d’appello.
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