Belve, qual è il segreto del successo di Francesca Fagnani?
“Hai un film? Hai un libro? A Belve non vieni. Oppure se vieni non ne parliamo, perché altrimenti questo ti metterebbe già in una condizione di ricevere dei complimenti. L’obiettivo invece è entrare più nel profondo della personalità, coglierne le sfumature, magari inedite, tanto i personaggi sono già stati tutti stra-intervistati”
Probabilmente il segreto del successo di Belve è tutto in queste parole di Francesca Fagnani, con le quali abbiamo voluto cominciare la disamina su uno dei programmi televisivi cult di Rai2. Un programma nato nel 2018 sul NOVE con lo scopo iniziale di mettere al centro le donne, ma che con il passare del tempo è diventato una sorta di confessionale televisivo dal quale non ci si può esimere pur non avendo nulla da promuovere.
Il programma della Fagnani rappresenta da qualche anno per chi vi è invitato un punto d’arrivo, ma anche di non ritorno. L’ospite è consapevole che non sarà messo a proprio agio e che la conduttrice non lo riempirà di complimenti o di quei formalismi adulatori con cui si esaltano gli ospiti in alcuni talk televisivi. Vedere il personaggio di spettacolo, denudato dalle proprie certezze e a volte dalla propria supponenza, sudare e imbarazzarsi davanti alle domande ficcanti e impertinenti della giornalista, quasi stesse sostenendo un esame universitario, rende l’intervistato più vicino allo spettatore, oppure lo allontana definitivamente.
L’intervista è un percorso attraverso momenti e dichiarazioni fatte dall’ospite di turno negli anni precedenti, a volte anche contraddittorie, un tornare indietro per realizzare cosa si è stati e cosa si è diventati o anche dove si sperava di arrivare. Chi guarda sa che chi è seduto davanti alla Fagnani è alle prese con una sorta di resa dei conti. Come dicevano i latini “scripta manent”, di fronte alle proprie dichiarazioni, a volte non in linea con il personaggio che ci si è costruiti, c’è stato anche chi ha traballato e ha detto di non essere stato messo a proprio agio.
Il fatto è che Belve piace proprio per questo, per il sarcasmo della Fagnani e per i Vip messi con le spalle al muro. La giornalista non offre scappatoie, compresi i tagli in fase di montaggio di qualche dichiarazione di troppo, Belve è stato concepito proprio per vedere la reazione dell’ospite davanti alla domanda molto spesso non prevedibile della conduttrice, spesso al limite della provocazione, posta con una velata ironia, ma senza sfociare nella maleducazione.
Le domande non vengono anticipate e soprattutto sono personalizzate, il risultato è che quello che viene consegnato al pubblico, è il personaggio nella sua estrema crudezza e autenticità. E’ in quel momento che avviene il miracolo o cade il velo dagli occhi, personaggi che si sono sempre ritenuti di poco conto dimostrano uno spessore inaspettato, la vera tragedia è quando accade il contrario e si scopre che l’ospite dei sogni è pieno di difetti.
Abbiamo seguito Belve durante quasi tutto il percorso compiuto in Rai, da quando da piccolo gioiellino televisivo nonostante fosse relegato al venerdì su Rai2 in seconda serata, ha compiuto la sua ascesa in prima serata ed è esploso sui social. L’ascesa del programma è andata di pari passo con quello della sua conduttrice, passata nel corso degli anni da puntigliosa giornalista d’inchiesta ad ammirata donna di spettacolo, fino ad approdare nel 2023, alla co-conduzione di una serata del Festival di Sanremo.
Un seguito ,da parte dei giovanissimi, piuttosto raro per un programma di interviste. Su X la trasmissione viene commentata in tempo reale mentre va in onda, con inevitabile repost dei frame più iconici e divertenti, abitudine che ha portato la produzione del programma ad anticipare con piccoli spezzoni quello che verrà trasmesso. Un programma cult nato una volta tanto da un’idea, un format nostrano e non importato. La Fagnani ha creato un nuovo stile, tirare fuori le domande per l’ospite da precedenti dichiarazioni del medesimo, quasi a metterlo di fronte alle sue responsabilità, e sono pochi, nell’epoca dell’apparire, quelli che hanno il coraggio di dire, “quella volta mi sono sbagliato”.