Biden, due condannati a morte rifiutano la grazia
Biden, due detenuti rifiutano la grazia
Due dei 37 detenuti federali che erano stati condannati a morte e successivamente graziati dal presidente Joe Biden hanno deciso di rifiutare l’atto di clemenza che avrebbe commutato la loro pena in ergastolo ostativo.
Il rifiuto dei due condannati: la motivazione
Shannon Agofsky e Len Davis, entrambi reclusi nel penitenziario federale di Terre Haute, in Indiana, hanno infatti presentato ricorsi d’emergenza per bloccare la commutazione della pena, temendo che questa possa ostacolare la loro battaglia legale per dimostrare la propria innocenza.
Nel dettaglio, Agofsky e Davis sostengono che accettare una pena di ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata, che è la forma di pena commutata a loro imposta, indebolirebbe la visibilità dei loro casi e ridurrebbe l’attenzione riservata a loro come prigionieri condannati a morte.
A detta loro, l’aver subito la condanna capitale, e la possibilità di una sua esecuzione, aveva dato un’urgente centralità alle loro cause, e ora, con la commutazione in ergastolo, il rischio è che i loro appelli per l’innocenza vengano meno considerati.
Secondo quanto riportato da NBC, i due detenuti affermano che accettare la commutazione rischierebbe di diminuire l’efficacia dei loro ricorsi legali, dal momento che sarebbero visti come prigionieri con una pena inferiore rispetto a quella capitale, riducendo quindi la loro visibilità nei circuiti giudiziari.
Le complicazioni
Tuttavia, il costituzionalista Dan Kobil, professore alla Capital University Law School di Columbus, Ohio, ha sottolineato che i tentativi di Agofsky e Davis di bloccare la grazia del presidente probabilmente non avranno successo.
Kobil ha ricordato che una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1927 stabilisce che il presidente ha il potere esclusivo di concedere grazie e commutazioni di pena, senza che sia necessario il consenso dei condannati.
Il gesto di Biden, una lotta alla pena di morte
La decisione di Biden di commutare le pene di morte in ergastolo ha rappresentato un importante passo nel suo impegno a ridurre l’uso della pena capitale a livello federale, che è stata oggetto di crescente critica sia negli Stati Uniti che a livello internazionale.
Tuttavia, la posizione di Agofsky e Davis solleva interrogativi sulla reale efficacia delle commutazioni e su come queste possano influire sui diritti dei prigionieri nel far valere la propria innocenza.
Uno scenario complesso
La situazione rimane difficile, poiché l’atto di clemenza del presidente non sembra avere precedenti simili in cui i destinatari rifiutino pubblicamente la grazia.
Questo episodio fa emergere un altro tema delicato: l’equilibrio tra la clemenza presidenziale e il diritto dei detenuti a difendere la propria innocenza attraverso il sistema legale.