Caso Almasri, Giorgia Meloni e 2 ministri indagati per favoreggiamento e peculato
Che il caso Almasri (Rilascio Almasri, dubbi sull’operato del governo italiano) non sarebbe passato sotto silenzio sembrava più che naturale dopo il pasticcio istituzionale che ha portato alla rocambolesca liberazione del comandante libico. Sapere che il primo ministro italiano ordini al proprio Guardasigilli e al ministro degli Interni di trovare una escamotage per far lasciare l’Italia a un ricercato internazionale, reo di omicidi e torture nelle carceri del proprio Paese, rende l’idea di cosa sia disposto a fare il governo italiano pur di ottenere il proprio tornaconto.
L’aguzzino libico è stato arrestato lo scorso 19 gennaio a Torino a fronte di un mandato di cattura internazionale, la signora Meloni e i due ministri adducono problemi burocratici che ne provano l’impossibilità di poterlo trattenere in carcere. Da qui il ritorno di Almasri in Libia a bordo di un volo di Stato.
E’ notizia di poche ore fa che oggi, martedì 28 gennaio, Giorgia Meloni, il suo sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri degli Interni e della Giustizia abbiano ricevuto un avviso di garanzia per favoreggiamento e peculato, proprio a causa dell’occhio di riguardo avuto con il comandante libico. E’ stata la Presidente del Consiglio tramite un video sul suo profilo Instagram ad informare su quanto accadutole:
“Il procuratore della Repubblica Francesco Lovoi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri.
Un avviso di garanzia, inviato anche al ministro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano, presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”
Dal piglio col quale ha arringato i suoi follower, la signora Meloni non sembra avere accusato più di tanto il peso della comunicazione pervenutole e ha continuato nel suo video a lanciare strali contro i giudici di sinistra:
“Penso – dice la premier nel video – che valga oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile e non mi faccio intimidire, è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione”
Sempre nello stesso filmato la premier parla di tempistica anomala nei confronti dell’Italia:
“La Corte penale internazionale dopo mesi di riflessione, emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che per 12 giorni aveva serenamente soggiornato in altri tre Stati europei”
Infine la premier ha ribadito la linea adottata dal governo italiano:
“La richiesta di arresto della Procura della Corte Penale internazionale non è stata trasmessa al ministero italiano della Giustizia, come invece è previsto dalla legge, e per questo la Corte di Appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida.
A questo punto, piuttosto che lasciare questo soggetto libero sul territorio italiano, decidiamo di espellerlo e di rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza, con un volo apposito, come accade in altri casi analoghi. Questa è la ragione per la quale la Procura di Roma oggi indaga me, il sottosegretario Mantovano e due ministri”
Come in un copione visto altre volte, è arrivata quasi subito la solidarietà degli altri due alleati di governo. Il primo a esternare il proprio malcontento sui social è stato il leader della Lega, Matteo Salvini:
“Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della giustizia subito”
Antonio Tajani in un comunicato ha parlato di ripicca dei giudici per la riforma della giustizia:
“Dalla parte di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, di Nordio e di Mantovano, scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia”