Claudia Pandolfi in lacrime, troppo odio sul web, chi non è forte si uccide
Claudia Pandolfi e i social come strumento di condivisione, ma anche come luogo di frustrazione e disagio. Il cyberbullismo e l’odio sul web sono purtroppo un triste fenomeno, a cui si fa fatica a porre rimedio. Purtroppo gli interessi economici sul puntare su più utenti possibili, facilita il proliferare di profili fake, la maggior parte delle volte creati per insultare e distruggere.
L’attrice in questi giorni è nelle sale con “Il ragazzo dai pantaloni rosa” che racconta la storia di Andrea Spezzacatena, il 15enne morto suicida il 20 novembre 2012 perché vittima di bullismo. L’attrice, che nel film interpreta Teresa Manes, la madre dell’adolescente, è intervenuta con un video sul suo profilo Instagram visibilmente commossa, per ringraziare tutte quelle persone che le hanno inviato messaggi d’affetto dopo avere visto il film.
Una storia vera, drammatica, un pugno nello stomaco lungo 120 minuti, per fare arrivare il messaggio di quanto sia esile il confine tra giudizio e discriminazione. Un lavaggio sbagliato e la non preoccupazione di Andrea, il protagonista, per le stupide convenzioni di genere, lo inducono a indossare i pantaloni che si sono tinti di rosa. Da qui l’insorgere di una serie continua di episodi di bullismo sempre più violenti da parte dei suoi compagni di classe, in seguito ai quali, il protagonista, non reggendo più alla situazione, arriva a togliersi la vita a soli 15 anni.
Solo dopo la sua morte la madre ha scoperto dal suo profilo social che il figlio era vittima di cyberbullismo e che i compagni di classe, quelli che fino a qualche tempo prima lui considerava suoi amici, erano arrivati addirittura a creare una pagina su Facebook per deriderlo, in cui veniva etichettato come “il ragazzo dai pantaloni rosa”.
Claudia Pandolfi, dopo aver ricevuto innumerevoli attestati di stima per l’interpretazione, ha detto tra le lacrime:
“Non cito nessuno ma ringrazio chiunque abbia dentro ancora un po’ d’amore. Non ho mai parlato direttamente in questa maniera alle persone che mi seguono sui social. C’è sempre stato un bel distacco da parte mia. Sto leggendo così tanti messaggi da parte vostra che siete andati a vedere ‘Il ragazzo dei pantaloni rosa’ e sto leggendo così tanta gratitudine mista a dolore. Mi dispiace che vi accadano cose così sgradevoli e mi dispiace che abbiate dovuto affrontare tanto dolore nella vita. Io piango, però volevo soltanto dirvi che mi dispiace e grazie per quello che scrivete”.
Teresa Manes, la mamma di Andrea, adesso aspirante insegnante di sostegno per voler essere vicina alle fragilità dei ragazzi, in una intervista realizzata dal Corriere della Sera, ha detto :
“Quando arrivò a casa la prima copia del libro che scrissi su di lui mi sono emozionata moltissimo perché mi sono resa conto che con quel libro avrei riportato mio figlio dove doveva stare: fra i banchi di scuola. E così ho poi fatto. Uso quel che avevo scritto per veicolare il messaggio contro il bullismo. Adesso, con il film, Andrea è cresciuto, è come se lui fosse andato oltre la scuola e avesse trovato un lavoro da pedagogista. Voleva fare lo psicologo”
E se il film ha l’obiettivo di sensibilizzare i giovani sul bullismo e sulle sue conseguenze, i messaggi di stima ricevuti dalla Pandolfi e l’attenzione ai contenuti, del medesimo, sono la dimostrazione che qualcosa è arrivato e che qualcuno vi si è riconosciuto. Il film vuole essere un incoraggiamento a superare i momenti difficili e indica quelli che sono valori fondamentali che devono portare al rispetto verso gli altri.
Nel film la narrazione è dello stesso Andrea, raccontata dal punto di vista del ragazzo che subisce e che all’inizio vuole dare una giustificazione a tutto, creando un forte impatto emotivo in chi guarda. Non sono rappresentati né il suicidio, tantomeno le conseguenze giudiziarie, ma il racconto nudo e crudo da parte di chi subisce. E’ una storia che andrebbe proiettata nelle scuole, in alcune sta accadendo, affinché tutti sappiano e forse capiscano.