Curve, scoperto l’arsenale degli ultras dell’Inter
Dopo quasi due mesi emergono aggiornamenti dall’inchiesta “Doppia Curva”, indagine della Procura di Milano che ha scoperchiato la pentola sulle infiltrazioni dei clan mafiosi nelle curve di Inter e Milan e ha confermato i contatti tra i club e i gruppi di tifo organizzato. Dall’indagine che il 30 settembre scorso ha portato in carcere 19 capi ultras, è scaturita la conferma di una sudditanza psicologica dei club nei confronti delle curve, con i capi ultras capaci di tenere sotto scacco le dirigenze di Inter e Milan.
Le due società, da quanto emerge dall’inchiesta, avrebbero subito ingerenze e intimidazioni non solo per quanto riguarda le attività commerciali dentro e fuori lo stadio, ma anche sulla gestione sportiva. Dalle intercettazioni in possesso dei magistrati, l’Inter appare la società in cui i contatti tra club, dirigenti e allenatore con i capi del tifo organizzato sono stati più frequenti. Soprattutto la curva dell’Inter è stata oggetto di infiltrazioni e affari anche con la ‘ndrangheta.
In una intercettazione del 2023 i capi ultras nerazzurri chiedono a mister Inzaghi di farsi portavoce presso la dirigenza di ottenere 200 biglietti in più per la finale di Champions a Istanbul, tagliandi poi venduti fino a dieci volte il prezzo di mercato. Nella stessa telefonata, Marco Ferdico capo storico della Nord dell’Inter, consiglia a Inzaghi anche il modulo da usare in campo la domenica successiva. Per lo stesso motivo gli ultras nerazzurri contattano il vice presidente Zanetti e Materazzi. Davanti alla minaccia di uno sciopero del tifo, Inzaghi punta i piedi con il club fino a far ottenere agli ultras quanto richiesto.
Ma non finisce qui , nel 2023, i rappresentanti della Curva Nord chiedono sempre a Inzaghi di incontrare il calciatore Milan Skriniar, a un passo dal lasciare il club, per cercare di “convincerlo” a rimanere. Dagli stessi scambi tra i capi ultras, nelle intercettazioni si intuisce che i medesimi abbiano intimidito il centrocampista per dissuaderlo a lasciare il club.
In tutto ciò bagarinaggio, gestione abusiva dei parcheggi dello Stadio Meazza, controllo sulla vendita di bibite, cibo e gadget dentro e fuori lo stadio, il tutto condito da estorsioni, intimidazioni e violenze per mantenere il controllo sugli affari i cui profitti è equamente spartito tra i capi ultras delle due curve, nemiche in campo ma complici nei guadagni.
Come dicevamo in apertura, questa mattina si è diffusa una notizia che riaccende la luce sugli affari degli ultras delle squadre meneghine. Nella notte gli agenti della mobile hanno scoperto un vero e proprio deposito di armi, che insiste su una proprietà immobiliare di Andrea Beretta, capo ultras nerazzurro in carcere per l’omicidio Bellocco, affiliato alla ‘ndrangheta, eliminato per il controllo degli affari a San Siro.
Nel capannone, adesso nella disponibilità di una terza persona, gli investigatori hanno trovato e sequestrato pistole, kalashnikov, bombe a mano e molti proiettili. Voci di corridoio raccontano che sia stato lo stesso Beretta a informare i magistrati sull’esistenza del deposito e che il capo ultras avrebbe deciso di collaborare con la giustizia. Se così fosse ulteriori colpi al mondo ultrà potrebbero arrivare, Beretta capo storico dell’Inter, fino al suo arresto aveva le mani in pasta in tutti gli affari illeciti della Nord.