Elena Cecchettin risponde a Valditara “Mia sorella uccisa da un bianco”
Questa giornata per la famiglia Cecchettin significava tantissimo, avrebbe dovuto essere la giornata che avrebbe dovuto dare un senso a tutto il dolore per la tragica morte di Giulia, morta per l’ossessiva mania di possesso di un “bravo ragazzo bianco”, e assunta a simbolo di tutte le donne, solo quest’anno oltre 90, uccise per mano di mariti, compagni e fidanzati violenti.
La Fondazione Cecchettin, è nata per educare partendo dal basso, dalle scuole, da ciò che dovrebbe rappresentare un vero e proprio ascensore sociale. La scuola maestra di vita, frase di Cicerone citata un tempo per sottolineare la funzione ammaestratrice della medesima, quella stessa scuola che nel pensiero di Gino Cecchettin, papà di Giulia, vorrebbe educasse all’amore, come prevenzione a quella mancata educazione all’affettività per mano della quale è morta sua figlia.
Un progetto grande, enorme, che fa tremare le gambe al pensiero che possa essere nato da un dolore tanto grande come la perdita di una figlia. Oggi quella Fondazione tanto desiderata e costruita pezzo per pezzo dai Cecchettin con l’ultimo pezzo di cuore che avevano a disposizione, è stata calpestata, ignorata e strumentalizzata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, durante la cerimonia di presentazione alla Camera dei Deputati.
Il ministro non solo non si è presentato di persona, nonostante da Trastevere, sede del suo dicastero, a piazza Montecitorio ci siano dieci minuti di macchina, ma ha inviato un messaggio registrato, uno di quelli che si ha tutto il tempo di leggere e correggere per non correre il rischio di fare figuracce o incunearsi in vicoli senza uscita.
Valditara non solo nel suo intervento non ha fatto menzione alcuna a Gino e alla fondazione , ma ne ha strumentalizzato la mission per fare propaganda politica contro gli immigrati, sottolineando che i femminicidi in Italia sono compiuti da extracomunitari e che la cultura del patriarcato, di cui i femminicidi sono figli, in Italia non esiste più dal 1975. Il ministro ha praticamente voltato le spalle al femminicidio, sminuendone le morti, non nominando Giulia Cecchettin a cui la Fondazione è intitolata e non sottolineando il grande progetto di informazione e divulgazione a cui è finalizzata.
Altro da aggiungere? Solo che dalla politica in questo periodo storico non ci si deve aspettare soluzioni, ma solo chiacchiere, anche quando le soluzioni sono servite sul piatto d’argento dai privati cittadini. Quale educazione all’affettività possiamo aspettarci nelle scuole se per il ministro dell’Istruzione il patriarcato in Italia non esiste più da 50 anni ? Alle affermazioni del ministro ha risposto Elena Cecchettin, sorella di Giulia :
“Dico solo che se si ascoltasse, invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e “per bene”, forse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro Paese ogni anno. Mio padre ha raccolto i pezzi di due anni di dolore e ha messo insieme una cosa enorme. Per aiutare le famiglie, le donne a prevenire la violenza di genere e ad aiutare chi è già in situazioni di abuso”
Parole a cui il ministro quasi certamente non risponderà, reputiamo debba essere abbastanza imbarazzante essere messo con le spalle al muro da una ragazza che potrebbe essere sua figlia e che per la superficialità di chi sostiene che in Italia non esista il patriarcato, ha perso una sorella, massacrata da 75 coltellate per mano del fidanzato al quale non è stato insegnato che uno “no” è sempre un “no”.