Eleonora Daniele, il libro sul fratello “‘Matto’ si dice con troppa facilità”
Il libro si chiama “Ma siamo tutti matti?”, e l’autrice è Eleonora Daniele. Si tratta di dieci storie di cronaca raccolte dalla conduttrice di Storie Italiane, più un’altra, l’undicesima, che la riguarda da vicino. La sua storia personale che la ha vista perdere suo fratello Luigi, morto a 44 anni, mentre era ricoverato in un istituto di Padova : “Soffriva di autismo– ha detto la conduttrice intervistata da Adnkronos Salute – trattato per anni come un matto, senza capire la differenza sostanziale tra malattia mentale e disabilità mentale grave”
La conduttrice ha definito il libro “tosto” perchè va a scavare nella situazione in cui sono lasciate le famiglie di chi soffre di malattie mentali, lo stesso titolo, come La stessa autrice asserisce è “una chiara provocazione” :
“Siamo tutti matti, intanto perché la parola matto viene usata con troppa leggerezza, in maniera assolutamente sbagliata e discriminatoria. Sulla malattia e la disabilità mentale c’è e persiste un’ignoranza di base e diffusa, dopo la legge Basaglia del 1978, in tutti questi anni, il sistema di presa in carico del paziente è stato demandato in toto alle famiglie e questa oggi è diventata un’emergenza sociale”.
Eleonora Daniele ha sottolineato quanto nell’Italia del post Covid, le famiglie di persone con disturbi mentali siano state completamente lasciate sole e che se non si agisce subito non si riuscirà nemmeno a salvare il salvabile:
“È un’emergenza così evidente, ormai, che se non si fa qualcosa con urgenza si rischia veramente di non riuscire più a salvare nemmeno il salvabile”. E invece l’idea di salvezza è la ragione di vita più forte per le famiglie di chi soffre.”
La conduttrice si è poi soffermata sulla sua esperienza personale e della mancanza costante e continua che prova per suo fratello Luigi:
“La cosa che mi manca di più è il fatto di non avere avuto il tempo. Perché tu hai un’idea di salvezza, tu familiare vuoi comunque salvare la persona che hai accanto, la vuoi salvare della sofferenza, dal pregiudizio e dallo stigma, dai pensieri cattivi e da tutto il male del mondo, dalle cattiverie delle persone che non capiscono, dall’ignoranza. La vuoi salvare e invece non ti viene permesso farlo. O perché ti manca il tempo o semplicemente perché ti trovi a combattere contro i mulini a vento”.
Eleonora ha raccontato quanto ci si senta soli e abbandonati, quanto è tutto lasciato in mano alle famiglie costrette a chiudere a chiave i propri congiunti malati per paura che diventino pericolosi verso i conviventi e verso sè stessi. La disperazione e la paura che non porta a dormire la notte e la convinzione che la soluzione non arriverà mai :
“Questi malati a volte non ti fanno dormire, a causa della loro malattia passi le notti in bianco. C’è gente che si chiude nelle camere a chiave, per paura o per vergogna. Ma puoi vivere chiuso a chiave per tutta le vita?
Proprio per l’assenza delle Istituzioni tante volte la Daniele si è sentita abbandonata dallo Stato. E’ la più piccola di quattro figli e diverse volte per impegni dei suoi genitori o dei fratelli più grandi, si è ritrovata da sola a dover gestire suo fratello :
“Ho vissuto la mia adolescenza come una madre, perché mia mamma lavorava e le mie sorelle erano già fuori casa. Da bambina mi sono trovata ad affrontare il momento più difficile di mio fratello, quello in cui non era più bambino e tu non sai più come fare, perché un bimbo più o meno lo gestisci, mentre un ragazzo grande e grosso no.”
Infine l’impossibilità di gestirlo a livello domiciliare e il ricorso a una struttura:
“Guardavo mio fratello in quel posto e mi chiedevo cosa ci facesse lì in mezzo ai matti”
Il ritorno a casa durò poco, i genitori dovettero prendere la drastica decisione di trasferirlo in un Istituto di Treviso :
“Fu un taglio vertiginoso eppure non c’era più via di scampo né soluzione, gli attacchi aggressivi erano diventati ormai all’ordine del giorno e mio padre non riusciva più a trattenere l’impeto fisico di un ragazzone di vent’anni che aveva troppe crisi, autolesionistiche e non. Nemmeno quel luogo c’entrava nulla con Luigi, però con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni lui pian piano capì che quella era la sua nuova vita e quel posto la sua nuova casa”.
Quando Luigi si era ambientato, una legge dello Stato per cui i disabili ricoverati in Rsa o strutture para ospedaliere dovevano essere ricondotti in residenze appartenenti al nucleo del comune di nascita, imposero il suo trasferimento nel comune di residenza :
“Così Luigi tornò a Padova in un istituto più grande, con più strutture sanitarie per la cura e la logopedia. Di nuovo una speranza, invece fu quello l’inizio della fine.”
Luigi non sopportò il trasferimento e il 17 febbraio 2015 venne a mancare :
“In quell’istante provai il dolore più forte della mia vita, urlai senza fermarmi, sprofondata in un burrone dal quale ancora non sono risalita. Tutto questo ha avuto chiaramente un impatto pesantissimo su di me e oggi la mia vita è dedicata anche a questo, a far sì che le cose possano cambiare”
La conduttrice racconta che da allora, in quasi dieci anni, l’attenzione verso la disabilità mentale è diminuita e le cose invece di migliorare sono peggiorate:
“La presa in carico di mio fratello, e oggi lo dico con grande consapevolezza, è stata traumatica, per lui e per tutta la famiglia, perché già al tempo non c’erano strutture per i disabili mentali e negli anni la situazione è persino peggiorata. Per le persone con disabilità e per quelle con psicosi o che arrivano a commettere atti criminali: Ci sono madri e padri che si trovano costretti a denunciare i figli e che nonostante tutto ce li hanno in casa.”
Ci sono situazioni in cui non scattano i codici rossi, come nel caso di Rosa Maria Scorese, stalkerizzata dall’assassino della sorella, o di Barbara Capovani uccisa a Pisa da un paziente psichiatrico, non ci sono posti per i pazienti psichiatrici:
“Le Rems sono tutte piene, non ci sono posti e i pazienti psichiatrici sono nelle case. Mentre gli istituti che dovrebbero occuparsi delle persone con disabilità mentale «magari le ricoverano, ma raramente le recuperano e la differenza è netta.”
Con questo libro Eleonora vuole dare voce a tante famiglie e rendere giustizia a suo fratello :
“Voglio dare voce a queste persone e alle famiglie dei pazienti, che non hanno voce e che si isolano perché di malattie mentali non si può parlare. Voglio sfregiare questo tabù, gettarlo in pasto ai lupi e lenire tanto dolore. Nonostante lo abbia messo sotto la brace, il mio rimane rovente. Mio fratello lo vivo tutti i giorni, è una presenza costante nella mia vita, non posso lasciare la sua mano, perché lui mi sta ancora accompagnando”
Eleonora Daniele a questo proposito scrive nel libro: “La sua mano mi stringe e il suo sorriso mi infonde, nonostante tutto, la voglia di lottare. Ecco perché Luigi non è morto. Mi sta accompagnando per stravolgere le cose, tenendosi in equilibrio tra cielo e terra. Servono coraggio e determinazione per spaccare un macigno che continua a roteare all’infinito schiacciando vite umane e i loro diritti.”
Simone Cristicchi, del libro firma la prefazione in cui si legge
“Le storie che ci racconti – scrive il cantautore che ha portato gli ospedali psichiatrici sul palco di Sanremo vincendo il festival nel 2007 con il brano ‘Ti regalerò una rosa’ – serviranno per vincere quel silenzio complice e ridare una dignità a chi è stato travolto, prima dall’uragano del destino e poi dalla cattiveria degli uomini. Saranno storie per debellare il virus più nefasto dei nostri tempi: l’indifferenza. Saranno specchi per guardarsi nell’altro, perché, come diceva qualcuno, ‘da vicino nessuno è normale'”