Francesca Michielin contro la retorica della violenza “Se non si fa niente, dove vogliamo andare?”
Francesca Michielin non è solo una delle cantautrici più apprezzate della scena musicale italiana, ma anche un simbolo di sensibilità e impegno sociale.
Attraverso la sua musica e il suo attivismo, Francesca ha dimostrato che essere un’artista oggi significa anche assumersi la responsabilità di affrontare le sfide del nostro tempo, portando avanti battaglie per un mondo più giusto e sostenibile.
Uno dei temi centrali nella visione di Francesca è la sostenibilità ambientale. In un’epoca in cui il cambiamento climatico rappresenta una minaccia crescente, Francesca si è distinta per il suo approccio concreto e consapevole.
Nel 2020, in occasione del suo album FEAT (Stato di Natura), ha scelto di affrontare la questione ambientale sia nei testi che nelle azioni concrete. Ha organizzato concerti a basso impatto ambientale e ha sensibilizzato i fan sull’importanza di ridurre la propria impronta ecologica, sottolineando come la musica possa essere un veicolo di cambiamento.
Francesca è anche una voce potente nella lotta per l’uguaglianza e i diritti civili. Si è schierata apertamente a favore dei diritti LGBTQ+, dedicando spazio sui suoi social e durante le interviste per sottolineare l’importanza dell’accettazione e dell’inclusione.
Il suo supporto non si è limitato alle parole: Francesca ha partecipato a eventi e manifestazioni per dare voce a chi troppo spesso viene marginalizzato, dimostrando che la musica può abbattere barriere e creare connessioni profonde.
Ciò che rende l’impegno di Francesca Michielin ancora più autentico è la sua capacità di ascoltare e connettersi con i suoi fan.
Attraverso i social media, Francesca condivide non solo la sua musica, ma anche riflessioni personali, letture consigliate e progetti legati a temi sociali. Questo dialogo aperto ha creato una comunità di giovani che si sentono ispirati a fare la loro parte per il cambiamento.
Un altro aspetto fondamentale del suo impegno è la promozione della cultura e dell’educazione. Francesca crede fermamente che la conoscenza sia il primo passo per costruire una società più consapevole.
Nel 2023, ha partecipato a eventi nelle scuole e ha collaborato con associazioni per incoraggiare i giovani a informarsi, discutere e agire sui temi che più li appassionano.
In un mondo spesso segnato dall’indifferenza, Francesca Michielin è una rara combinazione di talento artistico e coraggio civile. Non teme di prendere posizione, anche quando questo comporta critiche o incomprensioni.
La sua autenticità e dedizione l’hanno resa non solo un modello per le nuove generazioni, ma anche un faro di speranza per chi crede nel potere trasformativo dell’arte e della consapevolezza.
Con la sua voce, non solo canta, ma ispira. E il suo messaggio è chiaro: ogni piccolo gesto conta, e tutti possiamo fare la differenza.
Proprio in questi giorni, in occasione dell’evento Vanity Fair Stories che si è tenuto a Milano il 23 e 24 novembre, Francesca ha, ancora una volta, preso posizione su un tema che, mai come in questo momento storico, è, purtroppo, al centro dell’attenzione: il femminicidio.
“Onestamente sono molto schifata, arrabbiata, incazzata, diciamolo. Scusate, mia mamma mi dice sempre “non devi essere pesante, sempre a parlare di queste cose”, però abbiamo dei problemi giganti e non li vogliamo vedere. Ci sono più di cento donne uccise, se non sbaglio, quest’anno.
Chi le ha uccise sette volte su dieci è italiano, quindi pure questa retorica. E mi spiace vedere che lo Stato non fa nulla e tutto ricade sempre sui familiari delle vittime. C’è adesso la Fondazione Giulia Cecchettin, chi l’ha messa in piedi? Il padre.
Perché? E mi dispiace proprio che non si capisca quanto, se non si fa un’educazione sessuale, che non è soltanto spiegarti gli organi genitali e come ci si riproduce, ma anche educare al consenso, educare al rispetto, educare all’affettività, a leggere le proprie emozioni. È questa l’educazione sessuale che serve, un’educazione anche sentimentale e civica. Se non si fa, dove vogliamo andare?”
Ogni anno, migliaia di donne nel mondo perdono la vita per mano di chi affermava di amarle.
Il termine femminicidio non è solo una parola; è il riflesso di una tragedia sociale, di un sistema che ha fallito nel proteggere le sue figlie, madri, sorelle e amiche.
Dietro ogni caso di femminicidio non c’è solo una vita spezzata, ma anche un intero universo di sogni, desideri, speranze e legami che viene distrutto.
Non esiste confine geografico o culturale per questa violenza.
Si manifesta in ogni angolo del pianeta, dalle grandi metropoli ai piccoli villaggi. Ma ciò che accomuna tutte le storie è il silenzio che spesso precede il dramma.
Silenzio di chi subisce, perché teme, perché non sa a chi rivolgersi, perché spesso è stata educata a credere che la violenza sia normale, silenzio di una società che spesso minimizza, giustifica o ignora i segnali evidenti di pericolo.
Ogni donna uccisa è una voce che si spegne, ma al contempo diventa un grido disperato affinché questa piaga venga affrontata con la serietà e l’urgenza che merita.
In Italia, il 2024 si preannuncia purtroppo come un altro anno segnato da numeri drammatici: quasi una donna ogni tre giorni viene uccisa da un partner, un ex o un familiare. Questi dati non sono solo numeri, ma storie di vite spezzate, di figli lasciati orfani, di famiglie distrutte.
Il femminicidio non è un atto isolato, ma l’apice di una cultura patriarcale che continua a permeare molti aspetti della nostra società. È il frutto di disuguaglianze di genere, stereotipi e una visione della donna come proprietà, piuttosto che come individuo autonomo e indipendente.
Le leggi, per quanto importanti, da sole non bastano. Serve un cambiamento culturale profondo, che parta dall’educazione dei più giovani, che insegni il rispetto reciproco, la gestione dei conflitti senza violenza e l’uguaglianza di genere come valore fondamentale.
Ognuno di noi ha un ruolo da svolgere in questa battaglia. Non possiamo più girarci dall’altra parte. Dobbiamo imparare a riconoscere i segnali di abuso, a non ignorare una richiesta di aiuto e a sostenere chi ha il coraggio di denunciare.
Alle donne, va detto che non sono sole. Esistono linee di supporto, centri antiviolenza e persone pronte ad aiutarle. La loro vita vale molto più di qualsiasi relazione tossica o situazione di pericolo.
Agli uomini, va chiesto di riflettere sul proprio ruolo in questa dinamica. Di educarsi e di educare al rispetto, alla parità e alla gestione delle emozioni senza ricorrere alla violenza.
Un mondo senza femminicidi è un obiettivo ambizioso, ma necessario. Ogni passo verso una maggiore consapevolezza, ogni legge migliorata, ogni donna salvata è una vittoria.
Ma il cambiamento deve partire da ognuno di noi, dalle parole che usiamo, dai valori che trasmettiamo ai nostri figli e dall’impegno quotidiano per una società più giusta e rispettosa.