Graziano Mesina, si spegne Grazianeddu, l’ex bandito sardo

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Graziano Mesina, noto anche come “Grazianeddu”, si è spento oggi all’età di 83 anni.
L’ex bandito sardo, simbolo controverso di un’epoca di sequestri, evasioni e leggende popolari, è morto all’ospedale San Paolo di Milano, dove era ricoverato nel reparto riservato ai detenuti della Polizia Penitenziaria.
Era stato trasferito lì dal carcere di Opera, dopo che ieri il tribunale di sorveglianza di Milano aveva accolto l’istanza di differimento della pena per motivi di salute presentata dalle sue avvocate.
La sua morte è avvenuta a poche ore dalla scarcerazione, concessa per le sue condizioni terminali.
Una vita fuori dagli schemi
Graziano Mesina nacque il 4 aprile 1942 a Orgosolo, nel cuore della Barbagia, uno dei paesi simbolo della Sardegna più arcaica e ribelle.
La sua carriera criminale ebbe inizio giovanissimo: il primo arresto avvenne all’età di 14 anni, per porto abusivo d’armi. Negli anni Sessanta e Settanta divenne uno dei protagonisti indiscussi del banditismo sardo, coinvolto in numerosi sequestri di persona a scopo di estorsione, un fenomeno che insanguinò la Sardegna per decenni.
Ma ciò che lo rese leggendario fu la sua capacità di evadere: ben 22 i tentativi registrati, molti dei quali riusciti.
Le sue fughe alimentavano il mito, ma anche il timore. Divenne per l’opinione pubblica una figura a metà tra il Robin Hood sardo e un criminale temuto e pericoloso. Le autorità non ebbero mai dubbi su quale fosse la sua reale natura.
Nel 2004, dopo quasi quarant’anni di carcere, Mesina ottenne la grazia dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Sembrava l’inizio di una vita diversa. Ma non durò a lungo. Nel 2013 fu nuovamente arrestato e accusato di traffico internazionale di droga, accusa che gli valse una condanna a 30 anni di reclusione.
In seguito, nel 2020, quando la condanna divenne definitiva, Mesina si rese irreperibile, diventando latitante per circa un anno e mezzo, fino al suo arresto nel dicembre 2021.
Negli ultimi anni era detenuto presso il carcere di Opera, a Milano.
Gravemente malato, negli ultimi mesi le sue condizioni erano peggiorate fino a rendere necessario il ricovero in ospedale. Le sue legali hanno chiesto più volte il differimento della pena, che è stato infine concesso l’11 aprile 2025. Poche ore dopo, è sopraggiunta la morte.
La figura di Graziano Mesina ha sempre diviso. Per alcuni sardi rappresentava una forma di resistenza contro lo Stato e le sue ingiustizie percepite. Per altri, era il simbolo di una Sardegna che faticava a liberarsi dal giogo del banditismo, della violenza e dell’illegalità.
Ha ispirato libri, canzoni popolari e persino studi sociologici. La sua storia si è intrecciata con quella dell’Italia degli anni di piombo, delle tensioni tra centro e periferia, tra Stato e territori in rivolta. Ma al di là del mito, resta una scia di violenza, vite spezzate e una lunga lista di reati.
Con la morte di Graziano Mesina si chiude un capitolo importante e controverso della storia criminale italiana. Un capitolo fatto di latitanze, carcerazioni, misteri e silenzi. Ma anche di fascinazione collettiva per un uomo che, nel bene e nel male, ha segnato l’immaginario di più generazioni.