Israele ed Hamas, progressi per il cessate il fuoco
I colloqui per mettere fine ai combattimenti tra Israele e Hamas sono in stallo da mesi; le due parti sono divise sulla questione fondamentale se un cessate il fuoco debba diventare permanente, come insiste Hamas, o consentire un ritorno all’azione militare, come vuole Israele.
Tutti gli sforzi messi in atto, a livello internazionale, affinché si ponesse fine ad una guerra in cui più di 46.000 persone sono state uccise nella Striscia di Gaza si sono conclusi, fino ad oggi, con un niente di fatto.
Il numero delle vittime, segnalato dalle autorità sanitarie palestinesi, non specifica quanti fossero i combattenti.
Nelle ultime ore arriva, però, sembra che si siano fatti progressi per un cessate il fuoco, alimentando la speranza che si possa raggiungere un accordo per liberare alcuni degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza e porre fine ai combattimenti che si protraggono da 15 mesi.
“Siamo vicini a un accordo e può essere fatto questa settimana”, ha detto oggi il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan.
Anche i mediatori arabi e i funzionari israeliani hanno affermato che ci sono stati progressi nei colloqui, pur avvertendo che ci sono ancora lacune da colmare.
La guerra, innescata dagli attacchi del 7 ottobre 2023 guidati da Hamas, in cui ci sono state 1.200 vittime e circa 250 persone sono state prese in ostaggio, potrebbe essere quantomeno messa in pausa e, nel contempo verrebbero liberati alcuni degli ostaggi che sono ancora detenuti a Gaza.
Entrambe le parti sono state messe sotto pressione affinché si giungesse a un accordo prima della transizione presidenziale degli Stati Uniti.
Il presidente eletto Donald Trump ha detto, una settimana fa, che “scoppia l’inferno in Medio Oriente” se gli ostaggi non vengono rilasciati entro il 20 gennaio, giorno in cui entrerà, ufficialmente, alla Casa Bianca, ripetendo una minaccia che aveva fatto in precedenza
Non ha spiegato cosa intendesse, ma la scorsa settimana ha detto che non sarebbe stato un bene per Hamas o “francamente, per chiunque”.
L’inviato designato da Trump per il Medio Oriente, il dirigente immobiliare Steve Witkoff, è stato nella regione per colloqui su un accordo, e un incontro in Israele con il primo ministro Benjamin Netanyahu.
Hamas è stata isolata anche dall’aggressione di Israele a Hezbollah, che ha fermato gli attacchi della milizia libanese e ha portato alla caduta del presidente siriano Bashar al-Assad. Entrambi, come Hamas, sono stati sostenuti dall’Iran.
La prima fase dell’accordo in esame scambierebbe una pausa nei combattimenti e il rilascio di alcuni prigionieri palestinesi in Israele con il rilascio di 33 ostaggi trattenuti a Gaza.
Gli ostaggi da rilasciare includerebbero donne, bambini, persone con ferite gravi e persone di età superiore ai 50 anni, secondo una bozza dell’accordo. Hamas consegnerebbe anche le salme delle vittime.
Il gruppo militante ha concordato che i palestinesi liberati dalle lunghe pene detentive avrebbero lasciato i territori palestinesi e avrebbero vissuto in esilio all’estero con le loro famiglie.
Hamas ha inoltre accettato garanzie verbali da parte di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia circa il fatto che Israele avrebbe continuato i negoziati per un cessate il fuoco permanente dopo la scadenza della prima fase dell’accordo, hanno affermato i mediatori arabi.
Come parte dell’accordo proposto, le forze israeliane rimarrebbero in alcune parti di Gaza quando i combattimenti cesseranno, ma alla fine si ritirerebbero dal corridoio lungo il confine di Gaza con l’Egitto e da un altro che divide in due la Striscia di Gaza.
Hamas ha accettato di rimandare la risoluzione di alcune divergenze con Israele alla seconda fase dell’accordo, comprese quelle sulle zone cuscinetto che Israele vuole mantenere lungo i confini orientali e settentrionali di Gaza, hanno affermato i mediatori arabi.
Un accordo sarebbe un sollievo per le famiglie dei quasi 100 ostaggi ancora trattenuti a Gaza, sebbene Israele ne abbia confermati oltre 30 morti.
Aiuterebbe anche la popolazione dell’enclave che ha dovuto affrontare mesi di sfollamento e privazioni.
I palestinesi di Gaza, distrutti da oltre un anno di guerra, hanno chiesto sui social media ad Hamas di accettare un accordo che contribuisca a porre fine alla guerra, anche se non raggiunge altri obiettivi come la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.
La maggior parte della popolazione di Gaza prebellica, pari a 2,2 milioni di persone, è stata sfollata a causa della guerra.
Molte persone vivono in accampamenti di tende improvvisati vicino al mare nella parte meridionale di Gaza. Con le temperature in calo e le tempeste che colpiscono l’enclave, i gazawi affermano che le condizioni negli accampamenti sono sempre più dure.
In Israele, le famiglie degli ostaggi hanno fatto forti pressioni su Netanyahu affinché raggiungesse un accordo che garantisse la loro liberazione, sostenendo che ogni giorno di prigionia mette a rischio la loro vita e il loro benessere.
Molte famiglie sono scese in piazza per protestare per mesi e mesi e accusano Netanyahu di non aver dato priorità alla liberazione dei loro parenti.
Israele afferma che 94 ostaggi presi il 7 ottobre 2023 rimangono a Gaza, la maggior parte dei quali israeliani.
Tra questi ci sono persone con doppia nazionalità e più di 30 ostaggi che Israele ha concluso non siano più in vita, in base ai risultati dell’intelligence. Altri quattro ostaggi, presi prima dell’attacco guidato da Hamas, portano il totale a 98.
Prima degli sviluppi più recenti, i tentativi di trovare un accordo sono andati avanti per mesi.
Sembravano conclusi a metà dicembre ma si sono arenati quando le parti sono scese nei dettagli e hanno irrigidito le loro posizioni.