Mostra sul Futurismo, opere predatate e accordi con i collezionisti
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La Mostra sul Futurismo sembra non avere pace e soprattutto si sta trasformando in una figuraccia internazionale. Organizzata dalla GNAMC ( Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea), resterà a disposizione dei visitatori fino al prossimo 27 aprile. Alla Mostra sono contestate la mala gestione di una organizzazione che ha ricevuto due milioni di euro di fondi pubblici per la realizzazione della mostra e l’omissione del contesto politico in cui si sviluppò il movimento Futurista, fondato in Italia dal poeta Filippo Tommaso Marinetti nel 1909.
Le critiche della stampa internazionale
Già pochi giorni dopo l’inaugurazione della mostra, il New York Times tramite un articolo a firma Elisabetta Povoledo, ha accusato l’organizzazione di avere adottato una visione identitaria e conservatrice strizzando l’occhio al governo Meloni nonché di usare le Istituzioni locali per promuovere tali idee conservatrici.
La stessa GNAMC è stata in altre occasioni motivo di proteste e discussioni a causa delle sue scelte. Nel 2024 ha ospitato una mostra su Tolkien, un autore particolarmente caro a Giorgia Meloni tanto da tesserne le lodi pubblicamente e dichiarare che la sua opera letteraria ne ha plasmato il pensiero politico. Non solo, gli stessi locali hanno ospitato la presentazione del libro di Italo Bocchino, una sorta di esaltazione del pensiero politico di destra.
Anche El Pais in un articolo a firma Barbara Celis, ha sottolineato come la mostra comprensiva di oltre 350 opere e un centinaio di oggetti, eviti di affrontare le aderenze con il fascismo, spostando il baricentro esclusivamente su effetti estetici.
Sono omesse frasi significative del Manifesto Futurista del 1909, come quella sulla glorificazione della guerra e il disprezzo per le donne, punti centrali del movimento; non viene approfondita l’esplicita vicinanza tra i futuristi e il fascismo, nonostante Marinetti e altri avessero sostenuto il regime. Entrambi gli articoli descrivono la mostra come un tentativo governativo di dimostrare il proprio impegno nella cultura.
Ad incrementare le già numerose tensioni che hanno comportato l’esclusione di alcuni curatori, ci si sono messe le polemiche sui criteri di selezione delle opere e il ritiro di prestiti da parte di collezionisti privati. La Celis nel suo articolo interpella direttamente Gabriele Simongini, curatore della mostra che ha giustificato la scelta di non approfondire i legami con il fascismo per evitare che “il futurismo sia contaminato dalla politica” e si concentri sull’aspetto estetico e tecnologico, concludendo che una analisi più approfondita di questi legami si può trovare nel catalogo della mostra. In pratica chi non acquista il libro non avrà una visione completa di quanto esposto.
Valérie Segond, in un articolo sul quotidiano francese Le Figaro, lo stesso sul quale Marinetti nel 1909 pubblicò il Manifesto del Futurismo, critica la mostra parlando del “modo in cui la destra di Giorgia Meloni intende ‘cambiare l’egemonia culturale della sinistra’ attraverso le sue nomine e soprattutto il suo modo di ‘guidare’ i lavori dei commissari imponendo le proprie scelte politiche e culturali.”
Tutti e tre i quotidiani stranieri danno voce o nominano i membri del comitato scientifico della mostra esautorati in corsa.
Insomma un problema non indifferente per la GNAMC per il quale la neo direttrice Cristina Mazzantini ha cercato di trovare una giustificazione dichiarando che il tutto fa parte dell’opera di rilancio della Galleria, che ha come obiettivo principale quello di avvicinare il pubblico all’arte moderna e per farlo è necessario innovare per attrarre visitatori e suscitare l’interesse di un pubblico italiano che sembra ostinatamente ignorare tale forma d’arte.
Il Comitato scientifico contro la direttrice Mazzantini
L’operato della Mazzantini è stato posto in discussione dalla Consulta Nazionale per la Storia dell’Arte (CUNSTA) e dall’ex comitato scientifico della Galleria, che in una lettera piccata ha dichiarato di essere stato di fatto esautorato dalla nuova direttrice : “La scelta di non confrontarsi con l’organo statutario composto da esperte ed esperti sulle linee di politica culturale che la direzione intende adottare nella programmazione delle iniziative – si legge nella lettera – ha reso, nei fatti, il comitato scientifico inutile”.
Lo scorso autunno data l’opera di svilimento attuata dalla direttrice nei confronti del comitato e a causa dell’apertura della Galleria per la presentazione del libro di Italo Bocchino, si sono dimessi dal comitato Federica Muzzarelli, Stefania Zuliani e Augusto Roca, giudicando quanto autorizzato un “evento di natura schiettamente politica” lontanissimo da qualsiasi forma d’arte.
Il silenzio della Mazzantini e il taglio di opere e curatori
La Muzzarelli raggiunta da La Repubblica, ha dichiarato di non aver avuto nessuna risposta da parte della direttrice alla sua lettera di dimissioni : “Non abbiamo mai avuto risposte alle nostre dimissioni. Nel comitato scientifico non servivamo a niente. Eppure si tratta di un organo consultivo. In Italia c’è un’insofferenza verso il dibattito e le opinioni altrui che va ben oltre la direttrice Mazzantini. Le proteste degli accademici non fanno né caldo, né freddo. La tecnica del silenzio è una strategia che paga”.
Una risposta da parte della Mazzantini ancora non c’è stata, o meglio non c’è stata risposta scritta perché nei fatti la mostra dedicata al Futurismo ha visto il taglio, di curatori e opere, tra queste L’Antigrazioso di Boccioni, danneggiata durante la preparazione dell’allestimento senza che ne fosse data comunicazione e poi riesposta.
La non formalizzazione, nonostante il lavoro di reperimento di oltre 150 opere, del comitato scientifico della mostra e dei curatori di sezione e del co curatore (Alberto Dambruoso, Andrea Baffoni, Gunter Berghaus, Giancarlo Carpi, Massimo Duranti, Maurizio Scudiero) è stata denunciata già a Settembre da Il Giornale dell’Arte, Repubblica, La Stampa, Il Manifesto, Artribune, Il Fatto Quotidiano, MOWMAG.
Poi è stata al centro della trasmissione Report-Rai di fine ottobre. Ha portato a un esposto alla Procura di Roma come indicato da Il Messaggero del 27 Novembre, a una interrogazione parlamentare di Irene Manzi (PD), per essere poi ripresa nei mesi successivi dal Corriere della Sera, Il Foglio, Repubblica, Avvenire, Finestra sull’Arte.
A distanza di 5 mesi non si sono ancora avute risposte chiare dai membri del Comitato Organizzatore – Alessandro Giuli, Renata Cristina Mazzantini, Massimo Osanna e Elisabetta Scungio – che avrebbero dovuto contrattualizzare i suddetti professionisti, né dal Direttore Musei Osanna, che avrebbe dovuto formalizzarli.
La CUNSTA inoltre contesta alla Mazzantini di avere restituito agli eredi le carte dell’archivio di Carla Lonzi “perché concesse in comodato d’uso e non in dono”. In una ulteriore comunicazione il Comitato scientifico ha fatto sapere che “Se siamo tutte e tutti liete dell’accoglienza dell’archivio presso una così nobile istituzione romana, che più e meglio di altre ne garantirà l’apertura e la consultazione, la sua destinazione elettiva, visti gli interessi di Lonzi, sarebbe stata la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma”.
Nella stessa lettera gli storici d’arte invitano ancora una volta la Mazzantini “a un incontro pubblico per discutere i punti sopra menzionati e più, in generale, i suoi progetti per il futuro della Galleria” invito a cui la direttrice non ha mai risposto, voci di corridoio della Galleria riferiscono che la medesima abbia affermato di non aver mai ricevuto lettera alcuna.
Opere predatate e accordi con i collezionisti
Ulteriore motivo di polemica la Mostra sul Futurismo lo ha sollevato per la presenza di didascalie come presentazione delle opere palesemente e inspiegabilmente antiscientifiche, che sembrano avere l’unica spiegazione nel favore della direzione verso amici, galleristi e intermediari. Secondo indiscrezioni una delle collezioniste, amiche della Mazzantini, avrebbe spinto per la defenestrazione del co-curatore Alberto Dambruoso
Tale modus operandi da parte della direttrice del GNAMC è è suggerito dalla discordanza rispetto ai registri di prestito in possesso dei curatori, con relativa ipotesi di “comportamento ingannevole” nei confronti del pubblico pagante, nonché di enormi danni di immagine e scientifici e ipotesi di “falso ideologico”.
Ciò che emerge da tutto ciò, sono i metodi arbitrari e sopraffattivi della Mazzantini che aveva il potere di veto sulle opere già richieste in prestito dal curatore e dalla Direzione Generale Musei e si sentirebbe autorizzata ad adottare simili sistemi in virtù del potere che la politica le conferisce.
I metodi sopraffattivi della direzione
La direttrice Mazzantini secondo gli addetti ai lavori, ha adottato in questi mesi in cui è al vertice della GNAMC, metodi coercitivi in virtù dei quali chi non è in linea con il suo pensiero viene messo alla porta. Per questo motivo la mostra si ritrova senza il Comitato scientifico ed anche lo stesso museo, dopo le dimissioni in segno di protesta del medesimo dopo che la Mazzantini ha denunciato 40 dipendenti che avevano protestato contro la politicizzazione del museo.
A “Piazzapulita” la direttrice ha dichiarato che per lei non c’è alcun problema che il Comitato scientifico della Galleria si sia dimesso e dal suo punto di vista ne ha ben donde dato che in questo modo può prendere decisioni senza doversi confrontare con nessuno. Intanto la lista di opere retrodatate con didascalie ingannevoli per favorire amici e conoscenti si allunga, eccone alcune :
- Enrico Prampolini “Béguinage”
dipinto polimaterico dell’amica di Lugano, la gallerista Danna Olgiati, in mostra è retrodatato di trent’anni facendone accrescere enormemente l’importanza. La didascalia fuorviante lo data al 1914 quando è del 1944 ca. È risaputo che Prampolini eseguiva i polimaterici solo negli anni ’40. Con mail del febbraio e luglio 2024 Giancarlo Carpi documentava al curatore le criticità dell’opera, suggerendo di non prenderla; a luglio rilevava per lo meno la necessità d’inserire almeno il punto interrogativo sulla data come nella mostra al Palazzo Reale di Milano del 2009,a cura di Giovanni Lista (nel comitato scientifico l’eminente storico dell’arte Maurizio Calvesi e la stessa Danna Olgiati). L’opera era stata esclusa dalla monografia del 1992 di Crispolti edita dalla Quadriennale e dal libro di Lista “Prampolini futurista europeo”. Carpi è stato fatto fuori e il problema è stato così risolto.
- Gino Severini “Dinamismo di forma luce nello spazio” datato nella didascalia in mostra e catalogo 1912, mentre nel catalogo scientifico di Daniela Fonti è datato 1913-1914, con punto interrogativo perché la studiosa esprimeva nel testo di riferimento riserve: non può essere del periodo futurista riferendosi agli anni ‘40-’50, come puntualizzato da Benzi. L’opera è di proprietà della GNAMC e, datata 1912, serve a rappresentare Severini nel salone futurista aumentando la qualità percepita della mostra.
- Giacomo Balla, “Canto Patriottico in Piazza di Siena”, della Fondazione Roma (dove lavora Simongini), è segnalato come 1915 senza la cautela del “circa”. La studiosa Elena Gigli rilevava che non poteva essere attuata la prova di colore perché il quadro era stato lucidato dal gallerista Russo e metteva il “circa”. Eppure, risulta una mail di Carpi a Simongini datata 18 luglio che spiega “potrebbe essere anni ‘30” e che necessita l’introduzione dubitativa del “circa”
- Giacomo Balla “Linee di forze mare – mattino” presentata dal Gallerista Russo come del 1919 “circa” (mail del 9 febbraio 2024), così come nei documenti di prestito, l’indicazione dubitativa spariva nella didascalia e nel catalogo. Si tratta di opera non presente nell’elenco pubblico trasporti di agosto, inserita dopo l’eliminazione del comitato scientifico. L’opera è emersa solo negli anni ’90 quindi ha una scarsa storicizzazione che potrebbe mette in dubbio l’attribuzione all’artista
- Giacomo Balla “Espansione di Primavera”, collezione Biagiotti; l’opera esposta è diversa da quella inizialmente richiesta in prestito, e non si può escludere che sia stata dipinta dalle figlie di Giacomo Balla, Luce e Elica, pittrici che entrambe imitavano il padre nel dopoguerra, quando l’artista era già morto; infatti il quadro è emerso da Casa Balla nel 1993.
Il problema delle datazioni discordanti, anche di quattro decenni, delle opere di Balla, è emerso con chiarezza anni fa quando un quadro datato al primo periodo futurista, 1910-15 risultò, dopo la prova di colore, post anni 40.
La presenza nella mostra, ormai acclarata, di opere di dubbia data e scarsamente documentate, risulta alla fine smentire la risposta del Sottosegretario di Stato Gianmarco Mazzi che, rispondendo a Novembre ad Irene Manzi (PD), affermava testualmente:
“Il ridimensionamento, in termini qualitativi e quantitativi, del numero delle opere è stato deciso, dunque, dallo stesso professor Simongini con il vertice politico del Ministero e con la direzione della Galleria nazionale di arte moderna”: ovvero sono state tenute le opere migliori.
Il catalogo della Mostra è ingannevole
Ma non finisce qui, non solo le didascalie sono ingannevoli, ma lo stesso Catalogo della mostra. Nel sito del Ministero della Cultura, sul link scheda del catalogo Treccani risulta: “il volume presenta le immagini delle opere esposte”. Invece, sono pubblicate e valorizzate economicamente opere che non sono in mostra come Piero Gilardi “Sassi pulsanti” 1999, Lamberto Pignotti “Il mio tormento e il loro mito” 1965, Gilberto Zorio “Senza titolo” 1967, Umberto Mastroianni “Senza titolo” 1969 ca.
La già avvenuta diffusione di informazioni fuorvianti sulla mostra, tramite un catalogo che è già stato acquisito dalle biblioteche italiane e straniere è tutt’oggi una fonte potenziale di errori bibliografici, accademici, e di danno per la percezione del patrimonio culturale italiano.
La GNAMC non ha avvertito gli acquirenti degli “errori” né nella prima né nella seconda stampa. La scheda del catalogo pubblica e anche 2 delle dette opere con didascalie sbagliate, una di proprietà privata: “Canto Patriottico in Piazza di Siena”.
Sono state penalizzate altre in mostra dove non c’è interesse anche se nell’elenco ufficiale del ministero, non pubblicate nel catalogo o nella parte catalogica: Antonio Rubino “Sedia”, Antonio Rubino “Il bimbo buono”; Luciano Fabro “Italia Balla”; Antonio Fiore “gilet”; Mino delle Site “Volto di Marinetti”.
Occultati i criteri di utilizzo dei soldi pubblici, la cui spesa dovrebbe essere trasparente e leale verso i contribuenti
- fee ai privati, con mail ai curatori scientifici Mazzantini dichiara che non li avrebbe dati, mentre alla Fondazione Primo Conti per solo due opere Mazzantini, con determina del 22.10.2024, accordava € 500 di fee
- parcelle quella di Osho il 19 dicembre 2024 Mazzantini dichiara “non lo paghiamo”, ma poi si contraddice “quanto non posso dirlo”
- danni alle opere “Antigrazioso” “il danno si è verificato mentre la ditta che ne aveva l’incarico la stava spostando” dichiarava il curatore”, ma la direttrice lo smentiva: ciò è accaduto sotto la sua responsabilità “durante la revisione conservativa preliminare”. Quello alla scultura “Forme uniche” movimentata di continuo senza copertura assicurativa e sprovvista del Condition report in entrata e in uscita dal museo, come previsto dalle direttive del Ministero della Cultura per la trasparenza e garanzia di tutti.
- Scultura di Boccioni ritirata La versione della scultura “Forme uniche della continuità nello spazio” di Umberto Boccioni, di proprietà di Roberto Bilotti, è stata esposta senza assicurazione, danneggiata e ritirata dalla mostra per un contenzioso con il collezionista, causando enormi danni di immagine all’evento.
I dinieghi dei collezionisti per la proroga
Stante questo stato di cose la richiesta di proroga per la mostra “Il tempo del futurismo” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma sembra stia incassando dinieghi. Tra i motivi le difformità rispetto la “Scheda requisiti di sicurezza” della Gnam del 2023 inviata con la richiesta di prestito: sono infatti venuti a mancare i requisiti essenziali elencati al capitolo 3.
Sistema di sicurezza antintrusione (Security), specifica al punto 3.2 le prescrizioni relative ai “vetri di sicurezza finestre – ai sensori su finestre per la protezione perimetrale e per la “segnalazione di avvicinamento alle opere con dispositivo acustico locale e allarme in Sala Controllo”.
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