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Gli imputati per la morte di Nada Cella da tre diventano due. Per Marisa Bacchioni, madre di Marco Soracco, il titolare dello studio in cui lavorava la vittima, i giudici hanno disposto il non luogo a procedere. Il legale della signora ora 93enne, ha presentato una perizia medica in cui si certifica la sopravvenuta incapacità per la medesima di intendere e di volere nonché l’impossibilità di sostenere un processo.
Restano imputati Marco Soracco per favoreggiamento e soprattutto Lucia Cecere per l’omicidio, quest’ultima dai racconti all’epoca ossessionata dal commercialista al punto di volersi sbarazzare della Cella, di cui voleva il posto di lavoro e le attenzioni del commercialista. (Nada Cella, dopo 28 anni 3 persone vanno a processo)
Il processo
Questa mattina sono stati ascoltati i carabinieri che al tempo si occuparono delle prime indagini dopo il delitto. Ascoltata anche Adriana Berisso, titolare di una concessionaria, la cui anziana madre, oggi deceduta, avrebbe visto Anna Lucia Cecere la mattina del delitto uscire da casa prima del solito e rientrare poco dopo, per poi uscire nuovamente. La Berisso ha dichiarato che la madre e la sua badante le dissero che Cecere era molto arrabbiata perché era andata in studio di Soracco e Nada l’aveva trattata male. “Lo disse impugnando una statuetta che aveva mia madre in casa e poi aggiunse ‘Spaccherei la testa a tutte queste che vengono dalla campagna”.
Il delitto di Nada Cella
Il 6 maggio 1996, a Chiavari, nello studio del commercialista Marco Soracco viene rinvenuto il cadavere di Nada Cella, ventiquattrenne segretaria del medesimo. Il commercialista, in un primo momento principale indagato per l’omicidio, viene interrogato più volte e l’abitazione perquisita minuziosamente, ma contro di lui non vengono trovate prove tali da incriminarlo.
Successivamente, grazie alla testimonianza di una persona, viene alla luce il nome di Anna Lucia Cecere. Secondo la testimone la donna, era innamorata di Soracco e voleva prendere anche il posto occupato dalla Cella nello studio. Quando il clamore per l’omicidio si attenua la Cecere si trasferisce in Piemonte, vicino Cuneo, dove lavora fino al 2017 quando è costretta a lasciare il lavoro per motivi disciplinari la cui identità è poco nota.
Da quel momento si perdono le sue tracce fino al 2021, quando viene aperta una nuova inchiesta sul delitto, grazie alle ricerche svolte privatamente da Antonella Delfino Pesce, una genetista dell’Università di Bari che dopo aver frequentato a Genova un master in criminologia, comincia a studiare il caso di Nada Cella, dopo che allo stesso master è stato analizzato come delitto irrisolto.
La Delfino Pesce studiando l’inchiesta scopre l’esistenza di due testimoni che la mattina del delitto avevano visto una donna somigliante alla Cecere uscire dal palazzo in cui c’era lo studio di Soracco, e che da una successiva perlustrazione in casa della Cecere erano stati trovati in una scatola, cinque bottoni di una giacca di jeans, abbastanza compatibile a quella trovata sulla scena del delitto. La Cecere all’epoca dichiarò appartenessero ad una giacca del suo ex fidanzato ma, dopo una comparazione fotografica con quello trovato nello studio di Soracco, anche quella pista è stata abbandonata.
La tesi della Procura è che Anna Lucia Cecere, all’epoca 28enne, fosse innamorata del commercialista Sarocco, che aveva conosciuto ad una scuola di ballo, e fosse diventata gelosa della sua segretaria, Nada Cella. Pertanto il giorno del delitto l’avrebbe affrontata e uccisa nello studio dell’uomo che amava.
Resta da appurare per quale motivo Soracco e la madre abbiano coperto la Cecere, nonostante abbiano sempre dichiarato di non aver aiutato nessuno
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