Pronti, Partenza, Haters! L’odio social un concorso a premi?
Pronti, Partenza… Haters!
Non importa il tema: può essere politica, cucina, moda o persino la tua playlist su Spotify.
C’è sempre qualcuno pronto a digrignare i denti virtuali e farti sapere quanto sei “inadatto” a vivere nel loro mondo perfetto. Il bello è che l’odio social non discrimina: ricchi, poveri, famosi o sconosciuti, tutti sono candidati ideali per una buona dose di insulti gratuiti.
L’odio social, insomma, è un grande equalizzatore, come il comunismo dei sentimenti negativi.
Critica Costruttiva? Ma No, Grazie!
Ah, la critica costruttiva. Un concetto vecchio come la ruota. Solo che oggi è stata completamente sorpassata dalla critica distruttiva. Perché costruire, quando puoi smontare a pezzi con la stessa rapidità di una connessione a fibra ottica?
È molto più divertente. Il “non sono d’accordo con te” è diventato un faticoso “sei un idiota”. Una bella scorciatoia per risparmiare tempo e aumentare i like del branco di seguaci affamati di sangue (figurato, si spera).
Le Facce dell’Odio
Abbiamo poi diverse tipologie di haters, veri fuoriclasse in questo inusuale concorso digitale:
- Il Corridore Olimpico: quello che odia per sport. Non importa il tema, lui si allena ogni giorno per vincere il podio del commento più acido.
- Il Saltatore da Poltrona: sempre pronto a lanciarsi in discussioni che non lo riguardano, semplicemente perché non ha niente di meglio da fare (tipo, boh, guardare Netflix).
- Il Lanciatore di Sentenze: questi sono i giudici supremi del tribunale del web. Ogni tua scelta – dal colore dei calzini al tipo di caffè che bevi – viene analizzata, giudicata e condannata senza appello.
Il bonus da mille punti della giornata e forse della settimana (dobbiamo fermarci qui perché i partecipanti al concorso sono tanti e agguerritissimi), è stato assegnato d’ufficio ad uno user di X che, rivolgendosi ad una concorrente del Grande Fratello, scrive “STUPRARE DONNE COME XXX É UN DOVERE ETICO E MORALE“.
Non possiamo che inchinarci davanti alla maestosità di un pensiero così poetico e profondo, un vero poeta del degrado umano. Chissà se ha mai pensato di scrivere un libro? Il titolo potrebbe essere: 101 modi per essere uno schifo senza sembrare neanche originale.
L’Homo Miserabilis
Chi utilizza un linguaggio così offensivo e pericoloso ha tutte le caratteristiche di un esemplare raro di Homo Miserabilis, una specie che purtroppo non rischia l’estinzione.
Immagina un essere che vive nei meandri più oscuri di internet, ben nascosto dietro la tastiera, dove si sente potente e coraggioso. Un vero supereroe digitale, con la stessa autostima di un leone… ma solo quando nessuno può vedere la sua faccia.
Questo individuo si distingue per un’intelligenza che potremmo definire… elusiva, nel senso che sfugge costantemente a qualunque processo logico. Per lui, le parole come “rispetto” e “civiltà” sono concetti astratti, probabilmente riportati nei suoi antichi libri di scuola sotto la categoria “cose inutili”.
Il linguaggio di questo soggetto non è solo violento: è sorprendentemente creativo nella sua capacità di dimostrare quanto poco tempo impieghi a pensare prima di parlare.
Potrebbe esserci un gerbillo con più competenze sociali e un senso dell’empatia più sviluppato. E non parliamo dell’originalità: gli insulti sono sempre così standard e prevedibili che ci si aspetterebbe quasi di trovare un template di Word intitolato “Commenti di Bassa Lega – Versione Beta”.
Il Miserabilis medio si diletta a fare il bullo online perché, probabilmente, fuori dai social non è riuscito nemmeno a bullizzare il proprio pesce rosso. Si sente grande nel vedere i suoi messaggi sfilare tra le notifiche, un po’ come se avesse vinto un premio per “miglior frase fatta dell’anno”.
È un poeta delle brutture, un filosofo della cattiveria spiccia, uno che potrebbe dire: “Perdo tempo a spargere odio perché, sai, la cultura e il rispetto sono per i deboli. Io, invece, digito con forza!”
E infine, c’è il loro orgoglio più grande: la totale incapacità di cogliere la differenza tra sarcasmo e realtà. Questi individui leggerebbero Dostoevskij e chiederebbero: “Ma che fa, scherza o è serio?”. Ma ehi, non possiamo certo aspettarci che qualcuno così impegnato a sminuire gli altri investa due secondi per comprendere qualcosa di complesso come l’empatia.