Satnam Singh, giudizio immediato per Lovato, accusato di omicidio colposo
Il gip di Latina ha disposto il giudizio immediato custodiale nei confronti di Antonello Lovato, titolare dell’azienda agricola dove lavorava Singh Satnam, il 31enne indiano deceduto il 19 giugno scorso dopo essere rimasto vittima, di un incidente sul lavoro.
La notifica è arrivata nelle scorse ore al difensore dell’imprenditore, l’avvocato Mario Antinucci. L’accusa formulata è quella di omicidio con dolo eventuale. Il processo è fissato per il prossimo 1 aprile. Ma facciamo un passo indietro.
La Vicenda
Satnam Singh e’ il lavoratore indiano 31enne che agli inizi di Giugno aveva perso un braccio mentre stava lavorando nei campi tra Borgo Santa Maria e Borgo Montello, a Latina. Si è spento all’ospedale San Camillo di Roma, dove era stato trasportato in elicottero in seguito all’incidente ,quando un macchinario, gli aveva tranciato il braccio destro e schiacciato entrambe le gambe.
Stando alle prime ricostruzioni, dopo l’incidente i suoi datori di lavoro – che impiegavano Singh da due anni senza un regolare contratto – non hanno chiamato i soccorsi, lo hanno semplicemente lasciato davanti a casa, con il braccio tagliato poggiato su una cassetta per la raccolta degli ortaggi. Il ricovero è scattato in un secondo momento dopo una chiamata dei vicini.
Dal momento dell’incidente ai primi soccorsi è passata circa un’ora e mezza, un ritardo che secondo i medici è stato fatale. Lovato dichiaro’ di aver agito in questo modo per via del panico, e di avere assecondato le richieste della moglie di Singh che lo implorava di portarli a casa.
I difensori di Lovato sostennero, difatti che il loro assistito chiamò i soccorsi, ma solo dopo essersi allontanato dalla casa del lavoratore, e di essere andato subito in questura a spiegare cosa fosse successo. Intervistato il padre di Lovato disse che il figlio aveva avvisato Singh di non avvicinarsi al macchinario: “Ma ha fatto di testa sua. Una leggerezza che è costata cara a tutti”. La morte di una persona puo’ essere definita “leggerezza”?
Le Origini
Singh era arrivato in Italia tre anni fa insieme a sua moglie, che lavorava con lui nella stessa azienda agricola, che coltiva zucchine e angurie. Anche lei come Singh non aveva un regolare contratto. Nella provincia di Latina vivono da anni migliaia di braccianti indiani di religione sikh, che spesso lavorano in condizione di gravissimo sfruttamento.
Si potrebbe tranquillamente dire che nell’agro pontino l’economia si basa sullo sfruttamento dei lavoratori, quasi esclusivamente immigrati.
Il Caporalato
In provincia di Latina lavorano soprattutto indiani arrivati in Italia fin dagli anni Ottanta dal Punjab, una regione nord occidentale dell’India. Sono tutti di religione sikh. I dati ufficiali dell’INPS dicono che i lavoratori indiani sono circa 9mila, ma molti lavorano senza contratto e senza avere il permesso di soggiorno, perciò si stima che siano almeno il doppio.
I lavoratori vengono reclutati dai cosiddetti “caporali”, cioè persone che fanno da intermediari tra i titolari delle aziende e la comunità sikh. Oltre a procurare il lavoro, i caporali si occupano di trovare una casa ai lavoratori e di portarli al lavoro: sono servizi che vengono pagati con una cospicua parte dello stipendio.
Il reclutamento spesso avviene attraverso i social network. Le persone sono costrette a lavorare per circa 14 ore al giorno, in qualsiasi condizione meteorologica, con poche pause e senza dispositivi di protezione. La paga va da 3 a 4,5 euro all’ora. A volte capita che ai braccianti vengano fatti contratti irregolari, nei quali risultano 3 o 4 giornate lavorate in un mese quando in realtà sono 26 o 28.
In altri casi, com’è accaduto a Singh e alla moglie, le persone lavorano senza un contratto. Fino all’inizio degli anni Duemila le condizioni erano persino peggiori: la paga era tra 1,5 e 2 euro all’ora e i braccianti erano costretti a lavorare tutti i giorni, senza riposi.
Il contratto provinciale dei lavoratori agricoli prevede una paga base di 9 euro lordi all’ora. In seguito a fatti cosi gravosi come la morte di un bracciante, ci sono stati vari scioperi tali da presentare in un anno circa circa 150 denunce contro lo sfruttamento.
Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, le condizioni di lavoro non sono migliorate. Molti dei braccianti che hanno fatto denuncia sono stati minacciati e in alcuni casi picchiati dai caporali, che usano la violenza e le intimidazioni per soggiogare le persone che hanno bisogno di lavoro.