Spagna, la lettera di una ragazza stuprata “Ti fanno credere che sia meglio raccontare, ma ti abbandonano”
“Non mi importa più che mi giudichino o mi interroghino… Ti fanno credere che sia meglio raccontarlo, perché è eticamente ciò che dovresti fare per proteggere le altre donne da questi eventi, ma ti abbandonano… Le persone che avrebbero dovuto aiutarmi come vittima mi hanno lasciata sola… Il sistema ti lascia nuda davanti a lupi assetati che ti fanno solo sentire ancora più spaventata. Bisogna prendersi cura di se stessi e difendersi da coloro che dalla loro posizione privilegiata si definiscono giustizia». Ma la giovane rifiuta il termine «vittima», un termine che «mi fa male, perché mi fa sentire vulnerabile. Sono molto più di una ragazza che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
Cominciamo questo racconto crudo e drammatico con un passaggio di una lettera scritta da una ragazza spagnola di 25 anni, vittima di uno stupro poco più che ventenne quando era ricoverata in un istituto di riabilitazione mentale. Conchi Granero, questo il nome della ragazza, ha voluto mettere per iscritto le sue sensazioni poche ore prima della sentenza che a distanza di 4 anni e mezzo dall’accaduto, ha visto condannare il suo aggressore a soli due anni di reclusione e a 8.500 euro di indennizzo per Conchi.
E’ bastato che l’imputato le chiedesse scusa in aula, mostrando un pentimento che non sappiamo quanto possa essere reale davanti al rischio più che reale di una pena severa. Il giudice ha accordato al giovane l’attenuante della disabilità psichica al momento dei fatti. E’ il febbraio del 2020, quando Conchi entra volontariamente nell’ospedale psichiatrico di Barcellona per un’anoressia nervosa che l’ha portata ad avere pensieri suicidi. Il caso vuole che la ragazza capiti in camera con un ragazzo ricoverato nella struttura da tre settimane a causa di sintomi psicotici a causa dell’uso di cannabis.
Uno scambio di chiacchiere e nel pomeriggio una sigaretta nel bagno della camera, poi la proposta da parte del ragazzo, di fare sesso con lei e al suo rifiuto la violenza che non si è arrestata neanche quando lei lo ha implorato di fermarsi. Un trauma per Conchi ed un percorso lungo e difficile per riprendersi, quantomeno per trovare la forza per rivivere quegli attimi di dolore e terrore e raccontare quanto è accaduto a un giudice. Magistrati che a volte non hanno neanche il pudore di non entrare nei particolari e morbosamente insistono con le stesse domande, senza rendersi conto del male che provocano.
Nel vedere una giustizia così sorda e cieca davanti al dolore si corre il rischio di pensare di avere sbagliato a parlare, maturando la consapevolezza di non essere capiti dalla società o ancor peggio di sentirsi nel torto, quando invece si avrebbe il sacrosanto bisogno di giustizia e di allertare altre donne affinchè non accada loro quanto è accaduto e sta accadendo a te. In questo ulteriore passaggio della lettera, inviata alla sua avvocata, ma ripresa col consenso di Conchi e pubblicata dal quotidiano El Pais, emerge tutta l’angoscia che a un certo punto travolge le vittime :
“Mi sento triste quando sento che è colpa tua perché ti sei esposta, perché hai provocato con il tuo modo di vestire, per non essere sospettosa, per non sapere come reagire, per sorridere, per essere gentile, per essere giovane, attraente , per dire che non vuoi, ma “no” non è sufficiente. Niente basta per sopravvivere in una società marcia e destinata al fallimento”
In Spagna come scrive El Pais, vengono denunciati 8 stupri al giorno, neanche la legge del “solo sì è sì” è riuscita a far capire ai giudici che nei processi per stupro ci sarebbe l’esigenza di costruire una maggiore empatia con le vittime. In Spagna come in Italia chi subisce una violenza sessuale non è tutelato nelle aule dei tribunali, molto spesso le testimonianze delle donne vengono messe in discussione, vengono poste domande sul perchè non ha reagito o perchè non si è difesa, come se il terrore e la paura del momento lo permettessero.
“Mi sento triste quando vedo che tutti si aspettano che tu ti difenda da qualcuno che ti aggredisce quando sei vulnerabile… Se ti difendi, potresti non essere in grado di sederti di fronte a un tribunale per essere interrogato perché probabilmente sei stata uccisa”.
Chiudiamo con questo passaggio della lettera, un pugno nello stomaco a tutte le frasi fatte, alla faciloneria con cui vengono affrontati determinati argomenti. Si parla tanto di educazione sentimentale per i giovani, a nostro avviso servirebbe a tutti, soprattutto agli adulti schiavi della cultura patriarcale che porta a giustificare e ad esaltare l’uomo e a sminuire la donna.